Avanguardia. Nulla di più. Molto di più. We Are Muesli è più che un gruppo di affiatate persone, è un movimento. Uno straordinario inno all’età contemporanea, uno spasmodico urlo capace di convincere anche il più scettico che un videogioco possa esprimere molto di più di calci e proiettili. Fondato da Matteo Pozzi e Claudia Molinari, il dinamico duo ha attratto l’attenzione del mondo su di se grazie a un videogioco ispirato all’arte visionaria di Jheronimus Bosch. Presumibilmente, avendo osservato qualche lavoro di We Are Muesli in rete, avrete sicuramente pensato che Bosch sia un artista contemporaneo tutto triangoli e niente comprendonio, ma non è così. Bosch fu un artista del suo tempo, nato in uno strano paese dei Paesi Bassi nel 1453 e morto nel 1516. Artista in Italia spesso conosciuto come “El Bosco”, lo si può ammirare in realtà in Spagna nel Museo del Prado a Madrid in quanto Filippo II di Spagna, sostenitore del pittore, li acquistò quasi tutti. Bosch tuttavia prediligeva in qualche modo la psicanalisi e nonostante la stessa branchia “scientifica” sarebbe nata oltre tre secoli dopo, egli si concentrò molto nei suoi dipinti nel ricreare i tratti psicologici dei suoi personaggi, con la dovuta ironia.
CAVE! CAVE! DEUS VIDET trae ispirazione dai dipinti più importanti di Bosch, con la semplice variante di essere un videogioco e di proporre tratti stilistici stilizzati, quasi a combaciare con il cubismo sintetico di Picasso, escludendo tuttavia l’attività di collage (sarebbe effettivamente difficile). Sta di fatto che We Are Muesli vince tutto con la sua idea e inizia a fare tour in Italia mostrando i loro lavori assolutamente catalogabili come vera e propria avanguardia del genere videoludico. Nei loro numerosi tour, incontrano persone entusiaste del loro lavoro, che decidono di sfruttare i workshop organizzati dal dinamico duo per provare a creare un videogioco narrativo sulla stessa linea di CAVE! CAVE! DEUS VIDET. Il risultato è sorprendente. In qualche modo, il nome di We Are Muesli va a evidenziare la macedonia di idee che lo studio stesso racchiude, riuscendo a trattenere la genialità di situazioni tipiche quotidiane traducendole in linguaggio ludico e quindi informatico. La volontà è quindi quella di raccontare storie che appartengono alla nostra cultura e soprattutto al nostro quotidiano e ognuno dei componenti “workshoppati” di We Are Muesli ci riesce alla grande. Simbolica a tal proposito è l’avventura “Venti Mesi”, la quale racconta 20 mesi di resistenza al fascismo dal 1943 al 1945 raccontata mediante una iconografia severa e ispirata all’arte del ventennio fascista e pubblicata nel corso del 2015 in occasione del settantesimo anniversario della fine della Seconda Guerra Mondiale.
Raccontare storie in questo modo non è facile, poiché il giocatore va a scontrarsi con una idea di videogioco anticonvenzionale, ma dannatamente attraente. E’ quindi portato a giocare con argomenti molte volte duri e scomodi, che non permettono di rilassarsi davanti allo schermo portando il giocatore a riflettere sui più disparati argomenti attuali. Non si tratta però di storie tristi o bellicose. In occasione di Retrofuturo, We Are Muesli ha portato alcuni dei suoi sviluppatori più promettenti i quali mi hanno mostrato i loro lavori. Si passa quindi da un simulatore di colloqui lavorativi a una visual novel autobiografica dai toni ironici e a tratti ansiogeni (alcune volte fin troppo). Tutti però hanno centrato l’obiettivo di farmi riflettere divertendomi, in una sorta di ironia volta allo sperimentare situazioni quotidiane sotto un punto di vista inedito, ovvero quello videoludico, con la possibilità di sbagliare e provare nuove scelte e/o soluzioni.
Mauro Vanetti, programmatore nella vita e programmatore videoludico di notte, ha creato al corso di We Are Muesli un videogioco dedicato alla questione di differenze sociali tra i sessi nel territorio italiano. Idealmente il titolo è davvero semplice e formulato alla base di scelte che andranno a influenzare il colloquio di lavoro, vera sfida del gioco. L’obiettivo è quindi riuscire a farsi assumere, facendo leva proprio su quei luoghi comuni che generalmente non dovrebbero interessare all’intervistatore (ma che in realtà si dimostrano determinanti per la selezione di nuovo personale). Lo schermo diviso in due permette al giocatore di osservare il comportamento dell’intervistatore alle risposte dei due intervistanti: rispettivamente un uomo e una donna. Il giocatore deve quindi decidere come vestirsi e successivamente selezionare le risposte da fornire all’uomo adibito a selezionare i candidati.Si scorge quindi fin da subito un pessimismo verso la figura femminile, ove le risposte più temerarie e propositive vengono interpretate come una minaccia da chi invece dovrebbe essere immune da pregiudizi. E’ quindi curioso notare come Vanetti sia riuscito effettivamente a rievocare in una tipologia anticonvenzionale, l’atmosfera tipo di una situazione simile, andando a far leva proprio sulle nostre esperienze personali e su ciò che ognuno di noi, almeno una volta nella vita, ha vissuto: l’essere scartati a un colloquio di lavoro. Essere assunti nel videogioco non è affatto cosa facile e l’idea di Try & Error si fa sentire. Ma proprio per questo motivo funziona e mi è piaciuto ricercare la formula giusta per farmi assumere dall’uomo, anche se sono riuscito solo a farlo con la controparte maschile.
Il progetto di Sofia, attrice appassionata di videogiochi narrativi, va a raccontare le vicende di diverse persone con un tocco autobiografico, sbilanciandosi sull’idea che il destino non sia controllabile, motivo per cui, secondo Sofia, non è possibile cambiare ciò che è stato già deciso. L’idea che apparentemente può sembrare pessimista, si è concretizzata in una Visual Novel accattivante, con uno stile creativo che rievoca le tecniche del collage a partire dagli sfondi fatti di cartone e ai disegni ottenuti mediante l’utilizzo di materiali diversi. Sofia ci lavora da solo un mese e nonostante parli di “prototipo“, la prova effettuata da me mi ha restituito ben altro. Sicuramente le dinamiche ansiogene fanno da background narrativo alla serie di personaggi che si raccontano al giocatore mediante testi e disegni, mentre le intricate relazioni tra tutti coloro che appaiono a schermo culminano in un grande schema logico che sembra effettivamente rievocare le situazioni che ogni giorno tutti noi siamo chiamati ad affrontare. Se da una parte vi è una ragazza molto insicura del fatto che il suo ragazzo lo ami davvero, tanto da controllare Whatsapp ogni minuto per controllare l’avvenuta ricezione di una possibile risposta, dall’altro lato abbiamo una coppia di sposini acerba e non ancora pronta ad affrontare la vita assieme, il tutto contornato da personaggi di spicco tra cui la morbosa “Nonna”, che prontamente ci ricorda di come “ai suoi tempi” i ragazzi fossero macigni inviolabili e dell’amica tendente all’omosessualità con l’obiettivo di interrompere la relazione tra la sua amica e il suo ragazzo per poter godere di un amore platonico. Il giocatore è quindi al soldo di queste situazioni, ove può scegliere le reazioni dei vari personaggi decidendone quindi le sorti. Il giocatore è quindi il destino il quale, beffardo, può ricreare situazioni avverse o favorevoli a seconda di variabili letteralmente incontrollabili. Il tutto, mi ricorda Sofia, non è ancora finito, ma sembra già funzionare alla grande. In futuro arriveranno nuove grafiche dettagliate, nuovi dialoghi e una riveduta all’intera trama per permettere un ritmo più incalzante e una serie di finali dinamici ottenuti dalle scelte singole del giocatore. In ogni caso ho adorato l’ironia che permeava ogni vignetta.
Laura Guglielmo ha invece portato a Retrofuturo il suo primissimo progetto videoludico. Con alle spalle una carriera da illustratrice e animatrice, Laura ha voluto partecipare al workshop di We Are Müesli riuscendo con estrema soddisfazione nell’intento di creare un videogioco adatto a lei. Nonostante si definisca principiante, sembra avere le idee chiare su ciò che vuole continuare a sviluppare, ovvero un videogioco che poggia le basi sulla struttura classica delle Visual novel, con meccaniche di gameplay da Puzzle Game. E’ quindi un gioco di memoria, che indaga nella missione di tre pensieri di ricostruire i sogni del loro “padrone” pensatore. Il concetto alla base sfonda quasi nel metafisico, portando quindi il giocatore nel dilungarsi in una trama originale e accattivante, alla ricerca personale di una possibile identità. Certamente Laura non è una programmatrice professionista, ma un chiaro esempio di audacia e forte sicurezza in quanto lei stessa si è trovata, per interesse personale, a studiare da autodidatta i linguaggi di programmazione moderni utilizzati per lo sviluppo di videogames. Il tutto sembra però averla divertita e il suo contagioso entusiasmo è pari all’originalità del suo progetto. Storie come quella di Laura ci insegnano che prendere la scusa di non essere capaci di fare qualcosa, non è sufficiente per fermare i propri sogni e le proprie passioni se si crede davvero a ciò che si vuole diventare.
Insomma: We Are Muesli è effettivamente un movimento di idee. Incontrarli al Retrofuturo è stato grandioso e sono felice della loro conoscenza. I giochi portati e creati da coloro che hanno seguito i loro corsi mi hanno sorpreso per stile e per semplicità, capaci soli di creare in me emozioni che difficilmente molti videogiochi dal budget milionario riescono a rievocare in me.
Complimenti a tutti!
Di seguito, contatti e interviste integrali:
We Are Muesli: http://www.wearemuesli.it/about
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