Io sono una di quelle persone che prende davvero seriamente in considerazione i videogiochi come opere d’arte. Nella mia vita da videogiocatore ho però sempre cercato di discernere due tipologie di prodotti differenti: videogiochi con l’unico scopo di intrattenere e videogiochi con il fine ultimo di inviare un messaggio.
Nonostante i videogames nascano principalmente per scopi ludici e quindi di intrattenimento, vi sono state software house che nel tempo hanno utilizzato il media videoludico per proporre al giocatore argomenti che vanno al di sopra della sola idea di intrattenimento. Video giochi quali Spec Ops: The Line, Bioshock o anche il più recente Watch Dogs 2 insegnano che con i videogames si può propagandare il sapere di una determinata cultura esattamente come accade per libri e film. Alla fine anche questi ultimi nacquero per puro scopo di intrattenimento, giusto?
Come sempre la differenza tra un prodotto artistico e un prodotto di puro intrattenimento è molto piccola e si assottiglia ancor di più se prendiamo in considerazione il fatto che il videogioco viene creato in serie perdendo quindi la sua unicità esclusiva tipica delle opere d’arte più convenzionali. Tuttavia il videogioco si può definire come l’ottava arte poiché creato da artisti tra cui scultori, disegnatori, compositori e scrittori, rendendo il videogioco un prodotto artistico per estensione di definizione.
Intervistato dai microfoni dei colleghi di Glixel, Shigeru Miyamoto ha voluto dare la sua in merito alla questione arte-videogames. Seppur si poteva prevedere una risposta di questo tipo, il leggendario game designer ha fatto sapere al mondo che egli non si sente un artista, perché non crea arte bensì intrattenimento:
Le parole di Miyamoto in realtà mi mettono in crisi. Innanzitutto un artista non si definisce mai tale, ma sono sempre gli altri a farlo. In secondo luogo è vero che i prodotti Nintendo mirano a soddisfare più un bisogno di intrattenimento fine a se stesso piuttosto che diffondere messaggi e critiche nel mondo, ma è pur vero che titoli quali The Legend of Zelda e Metroid hanno pur sempre fatto scuola nel loro campo artistico. E se è vero che scegliere vuol dire fare arte, nella creazione di Super Mario Bros e delle leggendarie serie successive Miyamoto e Co. hanno dovuto compiere molte scelte per arrivare a un prodotto semplice ed elegante (a partire dai baffi di Mario per coprire la mancanza di pixel per il nasone), quindi per un certo verso hanno deciso di creare un’ opera di scelte, un’opera d’arte.
Seppur dirette e a tratti fredde, le parole di Miyamoto sono comunque andate a far distinzione tra i due tipi di prodotti citati a inizio articolo e secondo lui chi crea intrattenimento non crea arte e viceversa. Tuttavia il designer giapponese ammette per certi versi l’idea di videogioco come opera d’arte. Nonostante io abbia i miei dubbi riguardo al fatto che Miyamoto non sia un artista (secondo me lui lo è), egli ha compiuto un lavoro da dipendente in Nintendo cercando di creare il design più semplice ed efficace possibile, esattamente come farebbe un programmatore con un software, un meccanico con una automobile o un impiegato con un documento contabile.
Tuttavia, se qualsiasi titolo della saga di Super Mario risultano a conti fatti prodotti molto semplici creati allo scopo di passare il tempo nel miglior modo possibile, si può dire lo stesso di The Legend of Zelda: Skyward Sword o per esempio per Yoshi’s Woolly World? Lascio a voi la risposta.
Voi condividete la posizione di Miyamoto o anche voi pensate che le sue parole sono frutto della classica umiltà delle grandi personalità? Qualsiasi sia la vostra risposta vi ricordo che nella giornata di domani 15 dicembre gli utenti iOS potranno giocare in anteprima Super Mario Run, il secondo videogioco sviluppato da Nintendo per smartphone. La nostra curiosità verrà presto placata, finalmente, con la certezza di rivedere per una nuova volta le prodezze di un grande designer e, secondo noi, artista.