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Facebook: cosa sta succedendo al colosso dei social network, Parte 1 Facebook è nel centro del mirino di uno scandalo senza precedenti nella storia dei media. Il crollo finanziario è alle porte ed è appena iniziato.

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Facebook sull’orlo di una crisi storica

Che le ultime elezioni presidenziali, che hanno visto la vittoria di Donald Trump, siano state manipolate, è oramai un dato di fatto storico. L’influenza russa in merito è la causa principale, ma quel che fa tremare le gambe, è che a permettere questa manomissione del pensiero degli utenti digitali sia stato proprio Facebook.

Lo stesso Jim Carrey, all’inizio di febbraio 2018, ha incitato il pubblico a seguirlo nella scelta di cancellarsi dai social, in particolare da Facebook, per dimostrare la contrarietà alla logica di questa piattaforma, proprio dopo il Russiagate, pubblicizzando il social come qualcosa di oramai inaffidabile. Nel tweet sottostante la polemica dell’attore.

https://twitter.com/JimCarrey/status/960953156262744065

L’inchiesta è andata avanti, il coinvolgimento di Facebook nel Russiagate è passato alla storia come un dato di fatto e ora Zuckerberg e la sua compagine di collaboratori devono rispondere a delle accuse che rischiano di gettare sul social network l’ombra del crollo finanziario, o peggio, della defezione, atteggiamento paragonabile all’eresia, in un paese come gli USA.

L’origine dello scandalo deriva appunto dalle elezioni presidenziali del 2017, a seguito delle quali Facebook ha ammesso che almeno 126 milioni di persone hanno visto annunci acquistati dalla Russia destinati a influenzare l’elezione degli Stati Uniti nel 2016, e che i suoi algoritmi raccomandavano i contenuti creati da agenti russi. Zuckerberg giustificò la cosa come una conseguenza delle logiche commerciali seguite dall’algoritmo, col suo tipico piglio sbrigativo e risoluto, ma ora le cose si complicano, perché sebbene in patria la cosa sia stata gestita dentro ai confini nazionali, Facebook è stato appena accusato di aver partecipato alle scelte elettorali dei britannici durante la Brexit.

Di conseguenza Unione Europea e Gran Bretagna hanno convocato Mark Zuckerberg per fare chiarezza sull’accaduto, aggiungendosi agli Stati Uniti nelle indagini su quello che oramai è conclamato come uno scandalo senza precedenti, trattandosi della manomissione di dati accurati caricati su Facebook da ogni singolo utente, dando quindi a disposizione al manipolatore di turno, col proposito e il capitale necessario, i profili dettagliati delle personas da utilizzare come target per le campagne di deviazione dell’opinione pubblica.

A compromettere Facebook sarebbe Cambridge Analytica

I loghi di Facebook e Cambridge Analytica

Il pomo della discordia si chiama Cambridge Analytica, società britannica alla quale il Presidente Trump si sarebbe affidato durante la campagna elettorale per le presidenziali USA del 2016 e che avrebbe giocato un ruolo importante durante la Brexit. A cantarsela sarebbe un ex dipendente, Christopher Wylie, che  dopo aver rassegnato le dimissioni per obiezione di coscienza, ha rivelato ai giornali come la società ideò un sistema di mappatura della psicologia degli elettori, sfruttando un gigantesco furto di dati di 50 milioni di cittadini americani, usati per influenzare gli orientamenti di voto.

I dati in questione sarebbero stati raccolti nell’inconsapevolezza degli interessati, violando le condizioni di utilizzo di Facebook. Wylie ha rivelato che i primi contatti tra Cambridge Analytica e l’entourage di Trump risalgono al 2015, ancora prima che il tycoon annunciasse la sua candidatura. Intanto i profili Facebook e Instagram di Wylie sono stati bloccati e la commissaria europea per la Giustizia, Vera Jourova, avverte che non vuole tutto ciò in Europa.

Ora USA e GB esigono di sapere quanto Facebook sapesse di quel che è accaduto, anche perché Zuckerberg ha fatto oscurare dal social Cambridge Analytica, con tre anni di ritardo, dopo aver scoperto che la società aveva acquistato illecitamente i dati dell’applicazione thisisyourdigitallife, violando quindi i regolamenti di Facebook stesso, al quale l’applicazione venne presentata come uno strumento per ricerche psicologiche e raccolta dati per scopi accademici.

Con le forze investigative all’opera in entrambi i continenti, la quotazione in borsa di Facebook sta andando a picco, con picchi del -7,5% nella giornata di ieri e -4% in quella di oggi, annunciando una catastrofe finanziaria, ma sopratutto politica, come si può intuire dal tweet sottostante del Presidente dell’Europarlamento Tajani.

https://twitter.com/EP_President/status/976119350112538629

Antonio Tajani ha invitato Zuckerberg a presentarsi in aula: “Chiarisca alla platea dei rappresentanti di 500 milioni di europei che i dati personali non sono stati utilizzati per manipolare la democrazia”. Il fondatore di Facebook è stato altresì convocato a Londra dalla commissione della Camera dei Comuni britannica per il Digitale, mentre il Garante Ue della privacy, Giovanni Buttarelli, sottolinea come sia stata minata la democrazia, mettendo a rischio le elezioni europee del 2019 suggerendo che:

La sempre maggiore pervasività di algoritmi basati sui dati personali nelle nostre vite, ha un impatto articolato sull’impegno civico nel processo decisionale e sulle barriere al coinvolgimento pubblico nei processi democratici, e provoca una crisi di fiducia nell’ecosistema digitale. È il momento di estendere la collaborazione tra i garanti per la privacy a quelli delle telecomunicazioni ed elettorali.

In madrepatria, invece la Federal Trade Commission, l’agenzia governativa per la tutela dei consumatori, ha aperto un’indagine per verificare se Facebook abbia concesso a Cambridge Analytica la ricezione di dati degli utenti in violazione delle sue politiche. Il tutto, ovviamente, neanche a dirlo, con l’appoggio di Trump.

Contemporaneamente a queste implicazioni politico economiche, si aggiungono anche quelle istituzionali, con Alex Stamos, ex chief information security officer di Facebook, che si dimette dalla sua carica, polemizzando col direttore generale del gruppo Sandberg, dichiarando di aver esortato molteplici volte i vertici a mostrare massima trasparenza nello scovare e smascherare le attività russe contro gli USA sulla piattaforma.

https://twitter.com/alexstamos/status/975875310896914433

Stamos però, e nella dichiarazione al New York Times omette il dettaglio, è rimasto in azienda nonostante abbia cambiato la propria carica. Nel tweet infatti sottolinea che: “Nonostante i rumors, sono ancora completamente impegnato nel mio lavoro in Facebook. E’ vero, però, che il mio ruolo è cambiato. Attualmente sto spendendo più tempo nell’esplorazione dei rischi sulla sicurezza e lavorando sulla sicurezza delle elezioni”. Secondo le fonti, la decisione di Alex Stamos di lasciare Facebook risalirebbe già a dicembre 2017, restando in azienda facilitare il passaggio di testimone.

Sandberg intanto professa l’innocenza della società: “Siamo indignati, ci hanno ingannati. Ci stiamo impegnando a rafforzare le nostre policy per proteggere le informazioni personali e prenderemo qualunque iniziativa perché questo accada”. Intanto continuano i silenzi riguardo la campagna #DeleteFacebook, diventata virale sui social, quasi a voler accontentare proprio Carrey, e sui 36 miliardi di dollari del gruppo polverizzati nell’ultima seduta a Wall Street, dove il titolo ha perso il 2,6%, portandosi dietro tutti gli altri social media, con Twitter sotto del 10%. Intanto il cda di Cambridge Analytica ha sospeso l’amministratore delegato Alexander Nix con effetto immediato in attesa delle indagini.

Forse Facebook, e Zuckerberg, se la caveranno navigando in acque piuttosto agitate, ma giungendo ad una conclusione positiva per tutte le parti in causa. Dopotutto, il crollo del social, anche in virtù dell’etica, della democrazia o del patriottismo, non conviene a nessuno. Quel che rimane comunque evidente, potendo dare ragione a Jim Carrey, è che oramai nessuno di noi è al sicuro. Che le autorità esercitino il loro potere, siamo tutti nelle loro mani.

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Francesco Paolo Lepore

Redattore presso PJN e CinemaTown, laureato in Nuove Tecnologie dell'Arte, studente di Social Media Marketing. Il cinema è una costante della sua vita. Ha scritto e diretto diversi progetti per le università e il territorio. Amante dei mass media, ne studia minuziosamente i meccanismi utili alla comunicazione emozionale. Scrive da sempre, osserva da sempre, ricorda tutto da sempre.