Ha fatto il suo arrivo- dopo una buona campagna pubblicitaria – il 21 settembre nello sconfinato catalogo di Netflix, Maniac.
Una serie difficile da inquadrare in un solo genere, nei suoi episodi infatti si muove fra le corde del dramma, della comedy grottesca, del fantasy e della fantascienza, mescolando ogni singolo ingrediente e usandolo come materiale su cui costruire storie di amori non convenzionali in un atmosfera deliziosamente vaporwave. Ciò che è sicuramente impossibile toglie a Maniac è l’etichetta di progetto ambizioso, con una storia che ci porta in un sintetico labirinto di vite parallele create in da una droga sperimentale e da un super calcolatore.
Una delle sensazioni che è più facile provare guardando Maniac è quella di smarrimento,almeno inizialmente infatti è difficile entrare nel mondo costruito dalla regia di Cary Fukunaga (True Detective) e la scrittura di Patrick Somerville, un ambiente alienante che però riesce sempre a trasmettere lucidità, senza mai dare l’impressione di una realizzazione scadente in preda alla confusione.
Fukunaga è libero di giocare con immagini surreali e sorprendenti, Somerville di costruire mini-trame bizzarre, quasi fossimo alle prese con una delle tante antologie che si vedono nel mondo Indie, entrambi legano la riuscita del loro lavoro alla prestazione dei due attori protagonisti Jonah Hill e Emma Stone.
A questa coppia proveniente – come sempre più spesso accade – dal mondo del cinema è chiesto di prendere sulle spalle tutte le stranezze della serie, portando con la loro interpretazione tanto istrionica quanto vulnerabile il giusto equilibrio allo show, nel cast troviamo anche Justin Theroux, che a differenza dei due sopra citati sarà costretto dal ruolo ad un costante stato di overacting, una caricatura quasi eccessiva del ruolo
Maniac si contraddistingue per un elevatissima voglia di sperimentare sfruttando quanto più possibile la liberà creativa messa a disposizione dalla piattaforma Netflix, una forma diversa da quella che smuove il mondo del cinema Indipendente, che riesce a conciliare le idee fuori dagli schemi ad un budget discretamente alto. Fukunaka riesce nell’impresa di realizzare una serie che non ha paura di osare per offrire qualcosa di leggermente diverso allo spettatore, prendendosi volontariamente il rischio non indifferente di diventare un flop, di non riuscire ad arrivare allo spettatore in maniera chiara con tutto il suo lato emotivo e umano.
Forse è possibile considerarlo un esperimento riuscito a metà. Maniac è originale, unico nel suo genere, ma che potrebbe essere considerato fin troppo dedicato a spettatori dal palato fine, abituati ad opere di questo tipo e per questo facili da catturare per lo show.
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