Come in molti sapranno, in Giappone sta andando in onda la nuova serie dedicata alle vicende dei sayan. Stiamo parlando di Dragon Ball Super, che in questi giorni sta facendo parlare di se per motivi discutibili.
E’ ancora presto per giudicare la trama degli autori, ma è impossibile far finta di niente davanti alle scene del quarto episodio, in cui Goku affronta Beeru, il dio della distruzione.
A prima vista l’effetto potrebbe non balzare all’occhio (personalmente non me ne sono accorto, tranne che in una scena), ma andando a controllare scena per scena e i vari fotogrammi, si evince come i disegni non siano all’altezza delle serie precedenti, realizzate una ventina di anni fa e disegnati molto meglio, tra sfumature e dettagli.
Questa “mancanza di impegno” ha causato una profonda delusione nei fan, che aspettavano una nuova serie del proprio anime preferito da molto, moltissimo tempo.
MA LA REALTA’ E’ UN’ALTRA
Un disegnatore occidentale che vive e lavora in Giappone ha rilasciato una dichiarazione in cui descrive lo stato attuale dell’animazione giapponese. Secondo Thomas Romain, la richiesta di anime è troppo elevata, mentre il budget dedicato allo sviluppo di questo è decisamente inferiore a quello richiesto per una certa qualità
Registi, designer e altri addetti ai lavori vengono stipendiati durante la produzione dell’anime. Questo processo viene ridotto all’osso il più possibile per rientrare nel budget. Inoltre, i disegnatori scelti per l’anime sono tutt’altro che storici professionisti, sempre tornando al discorso di “rientrare nel budget”.
Per cui la prima domanda viene naturale porsi è: è davvero necessaria tutta questa riduzione? Gli autori sono avidi? Non proprio.
Le case che lavorano agli anime ottengono soltanto una piccolissima parte del guadagno generato dal successo del proprio lavoro. Questo li obbliga a fare scelte che portano alla riduzione del lavoro necessario allo sviluppo completo dell’anime.
Un altro problema è la tempistica. Negli anni ’60, Osamu Tezuka propose e fece approvare la sua idea di trasmettere gli anime un episodio a settimana, provocando un’enorme mole di lavoro da completare in pochissimo tempo e il tutto per una paga molto bassa.
Nonostante siano trascorsi decine di anni da allora, ancora oggi, il modus operandi è ancora questo appena descritto.
In giappone ci sono tempistiche terribili. Quasi impossibili da sostenere. Secondo vari esperti, questo non fà che rovinare l’esperienza finale, quella destinata all’utente. Inoltre sembra ci sia una carenza di animatori capaci e questo obbliga le casi produttrici a rivolgersi a semplici appassionati, pur di rispettare la tempistica: una settimana a episodio.
Thomas Romain non si limita solo a criticare l’attuale situazione degli anime in Giappone, ma propone anche una soluzione: aumentare il budget e concedere maggior tempo allo sviluppo di questi.
Ma allo stesso tempo conclude che, nel mondo in cui viviamo, ciò non sarebbe possibile.
COMMENTO PERSONALE
In tutto ciò, da grande appassionato di Dragon Ball Z (miglior anime a mondo e nessuno riuscirà a farmi cambiare idea!), continuerò a ricordare Son Goku così:
Io sono piuttosto confuso, sia per l’operazione di marketing che hanno compiuto riproponendo gli stessi contenuti in modo diverso, sia per la natura del progetto che, come riporta la news, non è finanziato a dovere.
In questi casi, dico: perché mai farlo?
C’è da dire che fortunatamente in Italia è arrivata la versione Blu Ray e seppur in alcuni frangenti i disegni siano pessimi (ma lo erano anche in z), la qualità è migliorata molto
Non credo che ciò che è stato detto sia del tutto vero. E’ pieno di anime, anche di nicchia, disegnati e animati benissimo. La verità è questa serie era attesissima, quindi non era necessario mettercisi di impegno.