Hallyu: in Italia il K-Pop rimane comunque uno stile ancora “di nicchia”, seppur sempre più sulla bocca e nelle orecchie di tutti
Mentre in Italia, negli anni ’90, qualche bambino fortunato quanto me cresceva a pane e Kenshiro, la Corea del Sud si avvicinava ad una svolta memorabile.
Un cambiamento di una portata tale da modificare parte della loro vita, della loro cultura, così da adattarla al cambiamento.
Di fatti nei primi anni ’90 debuttò il primo gruppo che, in poco tempo, diede vita all’odierno stile musicale K-Pop (Pop Coreano).
Era esattamente l’11 Aprile 1992 quando Seo Taiji and Boys cantavano il loro primo singolo “Nan Arayo” sul palco di un talent show targato MBC e in pochissimo tempo eccoci qua, lontano dall’Asia, dove però la Hallyu (Korean Wave) si sta diffondendo ormai sempre di più, soprattutto in questi ultimi anni, infiltrandosi nei canticchiati motivetti giornalieri di tutti.
In Italia il K-Pop rimane comunque uno stile ancora “di nicchia”, seppur sempre più sulla bocca e nelle orecchie di tutti, dove ha fatto il suo prepotente ingresso, colpendo anche chi non sa nemmeno dove si trovi geograficamente la Corea del Sud, con il singolo che ha sgretolato le classifiche mondiali: “Gangnam Style” di PSY, sbattendo in faccia la verità anche al popolo coreano stesso, il Kpop è uscito dai confini della penisola.
Ora, siate sinceri, che vi piaccia o meno, che l’abbiate cantata o ballata come parodia o seriamente, lo avete fatto tutti almeno una volta.
Ed è a questo che punta il K-Pop.
Uno stile musicale non solo da ascoltare, ma anche da gustare visivamente, in tutti i sensi possibili.
Accendendo un qualsiasi programma che trasmetta 24/24 clip video musicali ci si accorge che gli artisti internazionali… cantano.
Sì, cantano, suonano strumenti musicali, si sbaciucchiano un esemplare del sesso opposto nel loro struggente testo di un amore a senso unico, sono attenti alla moda e all’aspetto fisico, ma i coreani sono a un altro livello.
Gli Idol si esibiscono in più o meno studiate coreografie, dimostrano di saper tenere il palco al meglio, che si tratti di un concerto, un programma tv, un drama o un film, di sapersi esibire in diverse arti al di fuori della capacità canora, portano outfit studiati nei minimi dettagli, sgargianti o sobri che siano, così come le loro acconciature, attirando il massimo dell’attenzione anche a livello fisico ( che si punti a qualcosa di più dolce e soft o al trasgressivo e sexy).
Tra le case discografiche più famose spiccano i nomi delle tre colonne portanti che plasmano alcuni tra i più famosi gruppi anche a livello internazionale.
Si tratta di S.M. Entertainment, sigla che sta per “Star Museum”, diretta da Lee Soo-man, YG Entertainment, fondata da Yang Hyun-suk , ex membro dei Seo Taiji and Boys e la JYP Entertainment, seguita da Park Jin-young anch’esso ex cantante.
Questi mastodontici label puntano a creare canzoni che seguano i trend mondiali.
Canzoni orecchiabili, che rimangano in testa a tutti, caratterizzate da testi non troppo complessi ( con l’aiuto di alcune parole inglesi che rendono il tutto più internazionale, come il titolo, così più facile da ricordare soprattutto al di fuori della Corea) creandovi poi un corposo contorno per entrare nel cuore dei fan e non, nonché in un giro d’affari inimmaginabile.
Ogni giorno, un po’ come i manga, debuttano tantissimi, gruppi, coppie e singoli che aspirano a diventare veri e propri Idol nonché al successo di molti gruppi già noti nelle scene musicali mondiali come:
Super Junior, Girls’ Generation, SHINee, 2NE1, DBSK, Rain, EXO e molti altri ancora.