Bandai Namco torna a comandare: utili in crescita

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Proprio settimana scorsa abbiamo divulgato la notizia della scomparsa del fondatore di Namco Masaya Nakamura. Lo storico fondatore e presidente, scomparso alla veneranda età di 91 anni, sembra però aver lasciato la vita terrena e soprattutto parte della sua società con i conti tutti a posto, anzi: molto meglio che “a posto“.

Bandai-Namco Holdings, la società creatasi dalla fusione di Bandai e Namco nel corso dell’ormai lontano 2005, ha rivelato i risultati finanziari dei primi nove mesi dell’anno fiscale tutt’ora in corso. I dati della società fanno infatti riferimento ai dati rivelati dal mese di Aprile 2016 fino al 31 dicembre scorso poichè, per chi non lo sapesse, l’anno fiscale non segue il tipico calendario umano, ma fissa il suo inizio e la sua fine il 31 marzo di ogni anno. L’economia sa essere strana, a suo modo.

Sta di fatto che i risultati sono stati più che ottimi.

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Bndai Namco ha cambiato un sacco di nomi dal 2005 a oggi. Alla fine l’alta finanza possiede regole tutte sue che noi comuni mortali mai conosceremo

Secondo i dati divulgati, Bandai-Namco è riuscita a piazzare ben 19’676’000 videogiochi in tutto il mondo, con vendite aumentate dell’8% rispetto all’anno fiscale precedente e un fatturato del 32% maggiore rispetto a quanto fatto nel corso del 2015. Un risultato davvero sorprendente che ovviamente apre a nuove riflessioni sull’attuale posizione del videogioco giapponese.

Attualmente Bandai Namco prevede di vendere un totale di 23 milioni di videogiochi entro il 31 marzo prossimo, il che farebbe decollare la società nipponica nell’olimpo dell’industria videoludica internazionale (come se non ci fosse già dentro). Ma cosa è dovuto questo dilagante successo? Innanzitutto è doveroso affermare che Bandai Namco negli ultimi anni ha iniziato a importare in tutto il globo e quindi anche nel Vecchio Continente videogiochi tipicamente nipponici.

Inizialmente poco considerati per la loro natura di nicchia, giochi quali Dark/Demon Souls, Sword Art Online, Dragon Ball Xenoverse e i vari One Piece hanno preso sempre più piede nel mondo occidentale tant’è che tutt’oggi risultano vendutissimi. Non solo: Bandai-Namco è anche l’artefice della distribuzione internazionale di grandi titoli occidentali quali Project Cars, The Witcher 3 e Little Nightmares (che uscirà il prossimo 28 aprile), che hanno sicuramente contribuito ai grandi risultati finanziari in termini di fatturato.

Ma vi è qualcosa di più profondo che si può osservare nei dati divulgati.

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La versione console di The Witcher 3 è stata distribuita da Bandai-Namco

Ho l’impressione che nel 2016 i videogiochi giapponesi abbiano iniziato a carburare per riconquistarsi una reputazione ormai perduta. La mia sensazione è che il pubblico si stia stancando di giocare i soliti videogiochi a stampo patriottico statunitense e che voglia tornare a esperienze semplici e allo stesso tempo profonde. La filosofia “Easy to learn, hard to master” tipicamente giapponese non è mai riuscita a distaccarsi dalle produzioni nipponiche, le quali si sono sempre dimostrate concettualmente molto semplici e a conti fatti poco all’avanguardia.

Devo però esser sincerito: anche io sono assuefatto dalle produzioni occidentali e pensare che vi sia una intera nazione che non ha mai smesso di contrapporsi alla cultura americana, mi fa un certo senso felice. Certo: i giapponesi hanno imparato a scendere a patti con l’epoca moderna che stiamo vivendo, ma scelte di design come l’inventario o i menù di Resident Evil 7 o i semplicissimi menù di Splatoon o lo stilizzato level design di un Super Mario a caso mi fanno ricordare come una cultura forte, alla fine, è capace di promuovere se stessa anche in epoche diverse. Conosciamo tutti la filosofia giapponese: divertirsi il più possibile permettendo al giocatore di comprendere quello che accade a schermo sin dalla prima occhiata.

Una filosofia che a quanto pare, per molti giocatori, si sta rivelando una sorta di positivo ritorno alle origini.

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Marco Masotina

Tosto come un Krogan, gli piace essere graffiante e provocante per scoprire cosa il lettore pensa dei suoi strani pensieri da filosofo videoludico. Adora i lupi, gli eventi atmosferici estremi, il romanticismo e Napoleone.