T2: Trainspotting – Il tentativo di tornare al passato (Recensione senza spoiler)

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Sono passati vent’anni dall’uscita nelle sale di Trainspotting, l’adattamento dell’omonimo romanzo di Irvine Welsh, che nel 1996 si classificò al quarto posto nella classifica dei più grandi incassi della storia cinematografica Britannica e divenne un punto di riferimento nel suo genere grazie al grande impatto popolare.

T2: Trainspotting si basa, anche se in modo molto approssimativo, sul sequel del romanzo, “Porno”.
In questo, la storia ricomincia 9 anni dopo le vicende del primo libro, mentre nel film lo vediamo appunto ambientato 20 anni. Vent’anni, per garantirci il ritorno del cast originale, per rivedere alla regia Danny Boyle e alla sceneggiatura John Hodge.

La pellicola si apre sulle nuove, ma non così nuove, vite dei nostri quattro protagonisti. Rivediamo Rent (Ewan McGregor) che decide di ritornare nell’unico posto che ha mai chiamato casa, per fare ammenda con i suoi vecchi amici, Spud (Ewen Bremner) e Sick Boy (Jonny Lee Miller). Ma ad attenderlo ci sarà anche Begbie (Robert Carlyle), il più scalmanato dei quattro, che è evaso di prigione e vuole la sua vendetta per il tradimento subito.
Il tema ‘opportunità e tradimento’ è ciò con cui ci ha lasciato Trainspotting 20 anni fa, e quello che subito riprende questo sequel. D’altronde, riflette quello che capita nella vita di tutti noi; tutti, chi più chi meno, abbiamo avuto un’opportunità e abbiamo tradito qualcuno, e tutti siamo stati traditi. Ed è infatti ciò che succede di nuovo ai nostri protagonisti, stavolta, da qualcuno da cui non ce lo si aspetta.

Nella conferenza stampa a cui ho avuto l’opportunità di partecipare dopo la proiezione di T2, Danny Boyle ha affermato “Per questo sequel abbiamo deciso di non seguire il romanzo, 10 anni fa non avremmo avuto nulla di interessante da raccontare, oggi lo avevamo. Questo è un film molto personale, pone l’attenzione sul passare del tempo e l’effetto che questo ha sugli uomini”.

Conferenza Stampa con Danny Boyle a Roma, dopo la proiezione di T2
Conferenza Stampa con Danny Boyle a Roma, dopo la proiezione di T2.

Infatti, il messaggio che si percepisce è di delusione. Delusione di non essere riusciti a costruire qualcosa di concreto, delusione di ciò che si è diventati (o che non si è diventati). Da giovani pensavano di poter fare tutto, pensavano di poter NON scegliere la vita, pensavano che nulla avrebbe avuto ripercussioni o che, comunque, non sarebbero state importanti. Invece dopo 20 anni gli errori giovanili continuano a tormentarli e perseguitarli. Non hanno imparato dai loro errori, e si rendono conto di non riuscire a farlo.
Quindi Renton torna a casa dopo una lunga assenza, Spud non vede via di fuga, e Sick Boy continua a essere legato a quelle brutte abitudini. Begbie, anche lui, non è mai riuscito ad andare avanti, e cerca solo la vendetta.
Gli uomini non accettano il passare del tempo, e questo li porta a ricadere negli stessi errori.
Il bisogno di sentirsi cresciuti e, al contempo, ancora giovani, è dato anche dal continuo chiamarsi coi nomi veri dei protagonisti, Mark, Simon, Murphy, Francis, quasi per riflettere il bisogno di essere qualcun altro, ma al contempo essere se stessi.
T2: Trainspotting non ha una morale, non vuole averla. E’ il racconto di uomini, realistico e senza inganni. Ci sarà chi riuscirà a trovare la pace, ci sarà cercherà di redimersi, e ci sarà chi continuerà a vivere come ha sempre fatto. Non è buonista, si pone come punto di vista dello spettatore, lo stesso spettatore che nel 1996 restò affascinato da Trainspotting e che oggi può rivedersi in qualche modo nei suoi protagonisti.

Viene reintegrato il concetto di “Choose Life”, intro simbolica del film che ne muove i fili. In Trainspotting ti diceva di rischiare, qui ti dice di non farlo. Choose Life questa volta non è denigrato, ma capito e consigliato dallo stesso Renton, che ormai non può più tornare indietro ma c’è chi ancora può prendere in mano la sua vita.
Indubbio è che l’ingrediente fondamentale di questo film è la nostalgia; numerosi, ma non fastidiosi flashback, riporteranno lo spettatore ai momenti più simbolici dei quattro protagonisti.

Quello che manca in questo sequel è quell’atmosfera cruda che caratterizzava la prima pellicola.
Il punto forte di Trainspotting era il riscontro sociale che i temi trattati avevano all’epoca della sua release, la combinazione di dolore, ilarità, paura, allegria, e senso di inadeguatezza che gli concedevano un’atmosfera brillante, in linea con lo stile Indie degli anni 90, ma in un modo del tutto nuovo. Il rapporto fra il visivo e la musica, componente fondamentale della pellicola, che gli donava quell’aspetto irrealistico e “allucinogeno”, al contempo tremendamente realistico e crudo.

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Nonostante si è cercato di replicare quell’atmosfera, soprattutto grazie ai remix delle musiche originali e ad una fotografia che spesso riprende scene iconiche, questo sequel non ha un riscontro sociale forte ed è principalmente dedicato ai fan di Trainspotting, quei fan che vogliono solo sapere che fine hanno fatto quei ragazzacci perduti. Quei fan che vogliono solo ritrovare l’amicizia, la gioia, il tradimento, la vendetta, il pericolo. In questo senso, T2: Trainspotting è un buon prodotto, con un’ottima fotografia e un buon mix di passato e presente, che sicuramente accontenterà gli appassionati e li riporterà emotivamente ai tempi del suo predecessore. Perché in fondo, chi più chi meno, tutti vorremmo tornare ai nostri tempi d’oro.

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