A quindici anni di distanza dall’uscita del primo, storico, film, la giovane Samara torna a terrorizzare il pubblico in The Ring 3, pellicola diretta dal giovane F.Javier Gutierrez, e distribuita in America con il titolo di Rings.
Pur presentandosi, dal punto di vista meramente commerciale, come una continuazione della saga, il film può essere considerato un reboot, volto a far avvicinare i neofiti del genere. Purtroppo, gli evidenti limiti strutturali e di sceneggiatura iniziano ad apparire sin dall’incipit del film.
The Ring 3 si apre con un disastro aereo, sequenza volutamente ispirata a Final Destination, causato proprio da Samara, per poi virare con prepotenza sul presente. Il leitmotiv di questa pellicola vuole essere la trasposizione della maledizione di quest’ultima, in chiave moderna, in un’epoca caratterizzata dalla digitalizzazione e dalla disintermediazione. L’incidente viene visionato attraverso un vecchio lettore VHS, appartenente ad uno dei due ragazzi, da Gabriel, professore universitario di biologia, interpretato dal Leonard di The Big Bang Theory (Johnny Galecki).
Peccato che quest’ultimo, così come il resto del cast, appaia davvero privo di mordente e sotto tono, conferendo un tocco paradossale e non volutamente comico alla pellicola. Julia, interpretata da Matilda Lutz, si mette in gioco per salvare il suo ragazzo ed è pronta a tutto per indagare sull’orrorifico passato di Samara, anche ad andare nel fatidico luogo in cui i genitori l’hanno gettata nel pozzo. Ma proprio nel momento in cui la pellicola sembra ingranare, ecco che la trama torna a scadere nel banale attraverso una commistione di scene imbarazzanti ed inquadrature a caso, che tutt’altro fanno fuorchè terrorizzare lo spettatore. Anche l’immenso Vincent D’Onofrio, qui nei panni di un vecchio prete cieco, sembra totalmente fuori luogo e non basta a salvare una pellicola che si tramuta in un becero teen movie, intriso di frustrazione e delusione.
Tirando le somme, The Ring 3 rappresenta un vero e proprio passo falso, lontano anni luce dalle atmosfere horror e dallo spirito dirompente dei primi capitoli. La cosa che più ci perplime è che il finale aperto lascia presagire eventuali nuovi capitoli. Noi vi abbiamo avvertiti. Un vecchio detto dice “Non svegliar il can che dorme”: ecco, la Paramount avrebbe fatto meglio a lasciar dormire Samara e non rovinare il ricordo di un’icona dell’horror.