I pregiudizi non sono mai positivi, ma talvolta sono inevitabili. Mi ricordo che il primo gioco pubblicato da Flying Wild Hog, Hard Reset, non mi fece impazzire di primo acchito. Forse perché mi ricordava Quake 4 e quindi lontane emozioni ormai dimenticate, o anche perché nel 2012 non avevo molta voglia di giocare a sparatutto a stampo classico, anche perché ero indaffarato con The Witcher 2 (capolavoro incredibile), e Battlefield 3 che a quei tempi mi sembrava ancora bello.
Il giorno in cui decisi di ignorare Hard Reset e Flying Wild Hog feci un grande errore perché non solo mi abbandonai alla sinfonia di un pregiudizio infondato, ma mi convinsi a non giocare a un videogioco che di brutto non aveva praticamente nulla.
Tuttavia la stessa cosa accadde con la loro creazione più eclatante: Shadow Warrior. Conoscevo benissimo il gioco originale da cui gli sviluppatori polacchi ne hanno estrapolato il reboot. L’originale Shadow Warrior fu infatti sviluppato da 3D Realms nel 1997 (quasi a ridosso con Duke Nukem), il quale proponeva le stesse meccaniche osservate nelle avventure del “Duca” in salsa demoniaca orientale-giapponese. Avendo consumato le dita con la creazione di 3D Realms, non avevo proprio voglia di rimettermi a giocare a una IP del passato, pertanto decisi di lasciare in disparte il piccolo gioiello di Flying Wild Hog per dedicarmi ad altro: proprio come accadde per Hard Reset.
Tutto cambiò nel corso della Milan Gamesweek 2016, ove discutendo con alcuni colleghi di altri siti internet venni incalzato proprio sulle produzioni della software house di Varsavia. Inizialmente liquidai il discorso semplicemente affermando che i loro titoli in qualche modo non erano affini a me, ma non convinsi affatto coloro che mi stavano ascoltando, i quali erano sicuri che mi stessi sbagliando. A riprova della loro tesi mi imposero di giocare almeno dieci minuti a una versione completa di Shadow Warrior presentata in uno degli stand presenti nella fiera milanesi e sapete come accade in questi casi: il colpo di fulmine è stato istantaneo.
RITORNIAMO AL FUTURO
Come spesso accade per i reboot e i remake, per godere al meglio dell’opera contemporanea ispirata al passato è necessario conoscere le origini della produzione da cui trae ispirazione. Lo Shadow Warrior originale proponeva un gameplay frenetico a base di demoni e cyberpunk a palla con la tipica ironia anni ‘90 di 3D Realms che qualche anno dopo, a causa di Duke Nukem forever, di risate non ne fecero più. La particolarità dell’originale era quello di proporre al giocatore un mix di armi variegato tra cui figurava l’onnipresente Katana e un buon numero di armi da fuoco e di arsenali speciali come i Pugni di Ferro e il Cuore del Ripper, potentissima e rarissima arma dagli effetti devastanti.
Tratte queste premesse è logico aspettarsi che il suo rifacimento moderno non sia molto diverso da quanto proposto nel secolo scorso e infatti è proprio così. Mai mi sarei aspettato che Flying Wild Hog riuscisse a declinare la vecchia formula di 3D Realms creando un videogioco del tutto moderno e chiaramente ricollegato con il passato. Questo certo, direte voi, accadeva già con il primo Shadow Warrior Reboot pubblicato nel 2013 (che ho potuto giocare), ma secondo me il secondo capitolo della nuova saga riesce a centrare alla perfezione la filosofia alla base del prodotto di 3D Realms e lo fa davvero con stile a partire dalla sequenza iniziale che sembra essere uscita da una casa di produzione della generazione “Mega Drive”. Prende dal passato anche i nomi dei protagonisti, mentre la trama prende una sua direzione reimmaginando l’intero mondo di gioco senza troppi fronzoli. In ogni caso, filosoficamente parlando, Shadow Warrior 2 è uno splendore.
IN GIRO A FARE CASINO
Sono tante le cose che mi hanno colpito di Shadow Warrior 2. Innanzitutto vi è il gameplay, ancor più frenetico e casinista di quanto fatto fin’ora. Stiamo parlando di un mix perfetto tra DOOM e Diablo, con un equilibrio tra azione e loot davvero magistrale. Su schermo non si fatica osservare venti o anche trenta nemici pronti a farci a fettine e successivamente fatti a pezzi dalle nostre tante, tantissime armi (praticamente infinite). L’idea è quella di portare il giocatore quasi all’esasperazione macinando cadaveri a volontà per poi ingraziarsi tutto il bottino lasciato dagli NPC avversari. A conti fatti il feeling è davvero quello percepibile nella nota creazione di Blizzard, semplicemente con il caos e la violenza del DOOM interpretato da ID Software/Bethesda nel corso del 2016. Il risultato è un gameplay pieno, sconvolgente, che sa intrattenere con fervore il giocatore e che nel mio caso mi ha fatto sussultare più volte di gioia.
A me piacciono tantissimo i giochi ove si riesce a farla franca nonostante a schermo non si capisca nulla. E’ anche il motivo per cui tendo ad apprezzare parzialmente i picchiaduro giapponesi a stampo classico, ove il caos e le botte regnano sovrane. Impazzire per solo riuscire a capire quale delle tantissime armi si stanno impugnando è qualcosa che a me sinceramente da alla testa perché ti mette nella condizione di affrontare le avverse situazioni con qualsiasi oggetto a portata di mano senza darti fiato nemmeno per pensare a quale arma utilizzare. Mi sono ritrovato spesso e volentieri a selezionare armi casuali con la mia tastiera e a utilizzare più armamenti possibili per riuscire a risolvere una situazione a mio netto svantaggio.
Fenomenale.
Se a questo aggiungiamo una generazione procedurale dei livelli con un utilizzo davvero sapiente di ambienti e oggetti (è difficile trovare due livelli uguali), un loot sempre intrigante con armi potenziabili modificabili in infiniti modi ( nel gioco ve ne sono più di venticinque completamente customizzabili), e un sistema RPG like con talenti da sbloccare e potenziare nonché nemici con diverse abilità a seconda del livello e del grado da loro raggiunto, il risultato naturale è quello di un gioco completo, dannatamente divertente e soprattutto profondo.
VOGLIO GIOCARE A FINAL FANTASY
Sinceramente non mi aspettavo che questo Shadow Warrior 2 fosse così tanto RPG. Il primo accennava in modo deciso le volontà ruolistiche di Flying Wild Hog, ma le idee implementate nel loro secondo grande progetto dedicato al ninja ammazza-demoni-cyberpunk per eccellenza sono molto funzionali e ben contestualizzate. Gli sviluppatori polacchi si sono innanzitutto ispirati al Borderlands di Gearbox, assemblando per bene le intuizioni dello studio americano creando un’ architettura RPG classica e dai toni profondi. Come già citato i nemici sono estremamente vari nella forma così come nel loro livello e nel loro grado. Un po’ come accade in Borderlands e anche in MMO come World of Warcraft, si possono trovare NPC avversari in forma Elitè o ancor più elevati capaci di essere decisamente più potenti e intelligenti delle loro controparti “normali”. A tal proposito sono presenti anche vari oggetti elementali i quali vanno anche a condizionare il comportamento di alcuni nemici, con demoni capaci di portare avanti attacchi corrosivi o di fuoco o Robot con abilità passive di tipo elettrico.
Tale schema viene ripreso anche nelle armi in forme diverse. Innanzitutto le oltre 25 armi presenti nel titolo sono ben differenziate e offrono stili di gameplay diversi. I dieci tasti numerici presenti su ogni tastiera da gaming che si rispetti vanno a servire le dieci tipologie di armi differenti, ognuna con diverse proposte tutte da trovare in giro per i livelli di gioco spazzando via valanghe di nemici. Ogni arma possiede tre slot, riempibili con dei potenziamenti passivi e anch’essi recuperabili tramite loot in battaglia. La cosa sorprendente è la quantità di potenziamenti disponibili nonché la loro varietà che tanto mi ricordano le miliardi di variabili presenti in Borderlands.
A completare l’aspetto RPG del titolo ci pensano i perks passivi, letteralmente delle carte da gioco sbloccabili avanzando di livello a cui a ogni potenziamento corrisponde a una abilità attiva o passiva utile per il prosieguo del gioco. Ultima cosa, ma non meno importante, vi è l’enciclopedia, presente in ogni RPG che si rispetti. Scritta in modo dettagliato ricalcando lo stile ironico e caciarone del titolo, offre importanti informazioni su OGNI oggetto presente in game, il che denota un lavoro mastodontico da parte degli sviluppatori.
I grandi lavori si comprendono proprio dai piccoli dettagli, no?
VISIVAMENTE PARLANDO
Mi sono accorto che riguardo a Shadow Warrior 2 vi sono un sacco di cose da raccontare, ma la carta digitale sta finendo quindi vedrò di sbrigarmi. Il gioco è completamente in inglese, il che vuol dire che per godere di tutte quelle battute narrate praticamente ogni secondo dal protagonista è necessaria una ottima conoscenza della Lingua della Regina. Tuttavia comprendere o meno quello che i personaggi stanno facendo perde significato quando l’unico scopo è semplicemente uccidere nel miglior modo possibile qualsiasi cosa si muova oltre il proprio corpo.
Il tutto è servito da un motore grafico prestante e suggestivo, che mai tradirebbe la sua natura indipendente. Il motore grafico è infatti proprietario, dettaglio che solo fa comprendere quanto i polacchi di Flying Wild Hog ne sappiano davvero tanto di come si sviluppano videogiochi. Artisticamente parlando Shadow Warrior 2 è davvero perfetto e surclassa in ogni aspetto il primo quasi timido capitolo. Le texture sono ben definite, mentre la natura a basso budget del gioco si tradisce con i modelli poligonali degli NPC amici che ci forniscono informazioni e missioni, i quali sembrano essere usciti direttamente dal 2006. Poco male. Anche i nemici non godono di un numero di poligoni elevatissimo, tuttavia il loro design è speciale, vario come non mai e soprattutto ispirato e ben contestualizzato.
Mi sono piaciuti molto gli effetti particellari, la basilare fisica in-game che comunque svolge il proprio lavoro e soprattutto gli effetti di luce: davvero suggestivi e ben gestiti.
IN THE CONCLUSION
Shadow Warrior 2 mi è piaciuto tantissimo e lo prova il fatto che ho scritto tantissimo al riguardo. In realtà vi è molto di più da dire, ma lascio che siate voi a scoprire questa vera perla del gaming moderno. Ho trovato incredibile come Flying Wild Hog sia riuscita a creare un gioco che riprende tutto quello che funzionava nell’originale Shadow Warrior, portando i concetti del passato in una incredibile forma moderna tutta inedita. Ho anche adorato alla follia la forte vena RPG del titolo, fatta di tante statistiche e migliorie da sbloccare, la sua follia e il suo spirito anni ’90.
Il gameplay è estremamente frenetico e casinista, il mood ironico e caciarone e il tutto è supportato da un motore grafico proprietario bello da vedere quanto prestante. Shadow Warrior 2 è un gioco che si fa voler bene, che può soltanto piacere e intrattenere per lunghe ore sognando i tempi d’oro del gaming anni ‘90, dove la spensieratezza regnava sovrana.
Ecco: Shadow Warrior 2 è spensierato e ti soddisfa in ogni caso, soprattutto dopo una lunga e stressante giornata di lavoro. E’ una vera perla rara del gaming: assolutamente consigliato.
In Breve
Shadow Warrior 2 è un gioco che mi è piaciuto parecchio, ben più del primo. Mi ha impressionato la sua profondità di gameplay nonostante la sua frenesia, il suo spirito anni ’90 e soprattutto quel senso di spensieratezza e divertimento che permane per tutta l’avventura (anche grazie ad armi sempre diverse e customizzabili e a livelli procedurali). Consigliatissimo!