Innanzitutto mi farebbe piacere spiegarvi il motivo per cui sono felice e orgoglioso di recensire Iron Wings. Dovete sapere che il mio primo incontro con Naps Team è accaduto nel corso della Milan Gamesweek 2015, ove debuttai come intervistatore per conto di Projectnerd.it. I primi a essere intervistati dai miei microfoni projectnerdosi furono proprio loro, o meglio, fu una rappresentante di Naps Team di nome Federica la quale mi parlò di un lungimirante progetto totalmente indipendente che sarebbe stato pubblicato da lì a qualche anno. Fu un intervista particolare, anche perché tale coincise con la mia prima intervista “ufficiale” della mia vita: un gran bel ricordo. Quel videogioco, al tempo soltanto una bozza, si chiamava Iron Wings, un gioco di combattimento aereo ambientato nel corso della Seconda Guerra Mondiale e corredato da un livello tecnico davvero sorprendente.
A distanza di due anni dal nostro primo incontro è ora di tirare le conclusioni di uno dei videogiochi indipendenti tecnicamente parlando più eccelsi dell’ultimo quinquennio; pertanto ecco cosa ne penso.
NON SO GUIDARE E ME NE VANTO
Devo subito dire una cosa: i videogiochi di aviazione non sono il mio forte. Non sono infatti appassionato di aerei e tale mia mancata vocazione mi ha portato a non essere bravo nei videogiochi basati sulle macchine volanti più affascinanti create dall’uomo. Devo dire però che nella mia vita ne ho giocati vari e tra un Ace Combat qualunque e un bel IL-2 Sturmovik, non posso dire di non avere dei canoni di riferimento per dare il mio parere nei confronti di Iron Wings.
A tal proposito balza subito all’occhio che la creazione di NAPS Team non vuole essere una proposta estremamente simulativa, ma nemmeno totalmente arcade. Superati gli anacronistici menù e un tutorial più o meno comprensibile, si può godere di un gameplay che io definisco “à la Codemasters”, ovvero il giusto mix di simulazione e componente arcade. E’ quindi giusto secondo me definire questo concetto: Iron Wings non vuole diventare a tutti i costi il punto di riferimento del genere, bensì una sua divertente e godibile declinazione. Riuscire quindi a solcare i cieli di una Seconda Guerra Mondiale che finalmente vede protagonista anche le battaglie siciliane (dopotutto Naps Team ha sede nel bellissimo territorio della Trinacria), è divertente quanto guidare un’auto in Race Driver GRID: i comandi sono reattivi, i tasti ben posizionati sul pad e gli scenari relativamente facili da interpretare. Il tutto funziona grazie a un accorgimento semplice quanto efficace, il quale tuttavia potrebbe far storcere il naso a qualcuno.
FAMMI SPARARE CHE HO VOGLIA DI SBAGLIARE
Se devo dare un feedback a Naps Team, sicuramente citerei il paradossale tutorial. Le prime missioni di gioco fanno riferimento a piccoli “giochi d’aviazione” utili al giocatore a familiarizzare con i comandi di gioco. Paradossalmente il tutorial si dimostra essere piuttosto ostico nel suo insieme, facendo capire sin da subito che nel titolo siciliano non si scherza proprio per un cavolo. L’intero gameplay si fonda su una particolare meccanica che prevede l’abbattimento di avversari e di nemici vari posizionandosi direttamente dietro di loro. Il suo funzionamento è idealmente semplice, ma non per questo facile. In poche parole, una volta che si ha il nemico a tiro, non bisogna far altro che sparare nella direzione suggerita dal gioco stesso tentando di riempire una barra che io chiamo “focus”, concentrazione. Una volta che si ha riempito questa barra di “concentrazione”, l’aereo si porterà direttamente dietro all’avversario ove mediante un comodo zoom è possibile crivellare aerei e mezzi di fanteria nemici fino all’eliminazione degli stessi.
Un concetto, questo, spiegato secondo me in modo non del tutto efficace nel corso del tutorial, ma che una volta compreso sa regalare momenti di grande divertimento. Non è infatti facile riuscire a riempire la barra “focus”: riuscire a intercettare gli aerei avversari, così come la fanteria di terra, può risultare molto ostico, soprattutto se contiamo che molte delle missioni propongono un timer che, se esausto, porta al fallimento della missione. Un espediente ben riuscito, ma che porta inevitabilmente a una ripetitività di fondo che potrebbe non convincere chi è abituato alle scorribande cittadine di un Ace Combat a caso. A risolvere la situazione ci pensa l’aereo di supporto, un aeroplano pilotato da un secondo pilota (spesso di sesso femminile, finalmente), che permette di sganciare bombe su obiettivi designati o semplicemente dare supporto aereo al fine di concludere al più presto possibile la propria missione. Particolare è il fatto che è possibile cambiare personaggio istantaneamente in volo, una feauture particolare che dona del dinamismo all’azione che, seppur supportato dalla medesima meccanica, risulta pur sempre frenetico e mediamente coinvolgente.
FAMMI VEDERE UN PO’
Iron Wings riesce a farsi notare dalla grande mole produttiva dell’industria videoludica indipendente italiana (industria e indipendente non stanno molto bene assieme), grazie a un livello tecnico impressionante. Parlando in termini stilistici, ci si ritrova davanti a un videogioco da un’imponenza grafica davvero invidiabile, frutto di un’accurata ricerca estetico-storico-territoriale che ha dato i suoi frutti in una infrastruttura grafica degna di nota. Se pensiamo che Iron Wings è stato prodotto con un budget limitatissimo, fa davvero impressione notare modelli di aerei perfettamente riprodotti, personaggi giocabili ben modellati e animati con doppiaggio dedicato (cosa rara nei giochi indie), e grandiosi territori di guerra fedelmente riprodotti in scala 1:1. Perché si: Naps Team è riuscita nell’intento di ricreare battaglie vere e veritiere proponendo al giocatore scontri di guerra basate su ambientazioni realmente esistenti e riprodotte fedelmente su come apparivano all’epoca dei fatti.
Osservare con i propri occhi una New York degli anni ‘40 o una Messina del ventennio fascista incapace (fortunatamente), di respingere l’avanzata americana è una vera gioia per gli occhi, soprattutto se si tiene in considerazione il fatto che il tutto è stato modellato in tre dimensioni per un effetto grafico davvero di altissimo livello. Certo: avvicinandosi a terra si può scorgere la natura a basso budget del titolo (ma anche con i milioni non si sarebbe mai potuto fare qualcosa di meglio), ma dalla giusta distanza visiva si può godere di un immenso impianto estetico frutto di una ricerca storico-territoriale davvero maniacale.
Lo stesso si può dire dei modelli aerei, tutti perfettamente ricreati in ogni dettaglio: magari guidarli è molto più semplice che farlo dal vero, ma vi posso garantire che osservare questi modelli in-game è una vera goduria, soprattutto considerando la natura “indie” del titolo. Ottime le routine di illuminazione, sublimi gli eventi atmosferici: seppur scriptati e non dinamici, sanno donare la giusta drammaticità agli scontri: cercare di abbattere un caccia nemico con visuale dal cockpit nel bel mezzo di una tempesta è una sfida tanto ardua, quanto suggestiva.
Buono il sonoro: il doppiaggio è stato curato da doppiatori dedicati, mentre la colonna sonora propone note “eroiche”, ma comunque al limite dell’anonimato: quanto basta per rendere un po’ più epiche le situazioni di gioco.
IN THE CONCLUSION
Seppur coerente con il contesto storico, non ha significato analizzare la trama di gioco, che tra le altre cose utilizza un espediente narrativo simile a quanto visto in Mafia 3 (intermittenza fra documentario e passato vissuto), pertanto giungo subito alla conclusione.
Iron Wings è secondo me un gioco ben riuscito. Non è un capolavoro se confrontato con i canoni del genere, certo, ma considerato che ci troviamo davanti a un videogioco di natura indipendente il risultato è straordinario. Con un budget totalmente autofinanziato, Naps Team è riuscita a produrre un videogioco concreto e divertente, con meccaniche certo un po’ ripetitive per certi versi, ma dannatamente funzionali ed esaltanti.
Iron Wings è un videogioco ben riuscito, che fa del suo incredibile dettaglio tecnico il suo grido di battaglia: non è difficile parlare di uno dei massimi esponenti dello scenario videoludico italiano in tal senso, andando a battersela, per dettaglio tecnico, con “Redout” di 34BigThings. Un gioco consigliato, sia perché funziona, sia perché si supporta una software house, secondo me, capace.
Ottimo lavoro.
In Breve
Iron Wings è un videogioco divertente e che sa intrattenere nel modo giusto. Come opera di natura indipendente propone un livello tecnico esaltante, corredato da un gameplay semplice, intuitivo, ma non banale. Certo: non siamo davanti al nuovo pezzo grosso del genere, ma io adoro quando uno studios si spreme al massimo delle sue possibilità e Iron Wings è l’esempio perfetto di come uno studios autofinanziato possa creare piccole eccellenze.