Perché certi giochi non vengono completamente tradotti in italiano?
Vi siete chiesti per quale motivo un gioco che vi interessa in particolare, non viene tradotto in italiano? Perché come mercato siamo sempre meno redditizio? Scopriamo perché, con un riassunto di quel che accade nel mondo videoludico quando c’è da localizzare un titolo. Da tenere in mente che un discorso del genere è possibile applicarlo anche a film, fumetti o libri, non soltanto ai videogame, insomma, qualunque forma di intrattenimento straniera che richieda un adattamento in un’altra lingua!
23 Marzo 2017. Questa è la data in cui fa la sua apparizione sugli scaffali (fisici o digitali che siano) Mass Effect Andromeda. Ma questo non importa, perché il polverone per il mancato doppiaggio in italiano si era sollevato pochi giorni prima quando, un utente su Twitter ha chiesto ad uno sviluppatore di Bioware se il gioco fosse stato doppiato in italiano. Alla risposta, che è stata ovviamente negativa, non sono mancati i malcontenti.
Eppure, se ci si pensa, dopo un’intera trilogia passata con degli ottimi doppiatori italiani quali Claudio Moneta, Olivero Corbetta, Francesca Perilli, Loretta di Pisa e Aldo Stella, questi malcontenti non sono poi da biasimare. Ahimè le vendite della precedente trilogia per EA non sono state soddisfacenti nel mercato italiano, è perciò che non abbiamo ottenuto alcun doppiaggio (teoria non confermata ufficialmente, ma plausibile), ma almeno i testi sono tradotti, per quanto la moltitudine di dialoghi sia stata impervia.
Molte persone danno per scontato che un gioco lo si traduca in italiano per intero, ma purtroppo, la cosa è ben diversa. Farlo doppiare non è semplice dal punto di vista economico. Si riuniscono tante altre persone e strumenti per garantirne la qualità e tutto entro la scadenza; gli studi, lo script, tradurlo da l’inglese all’italiano, e non c’è soltanto un lavoro di traduzione ma anche adattamenti per il pubblico italiano.
Ci sono poi i tecnici del suono che registrano l’audio, sistemano la qualità, e memorizzano le voci; i doppiatori; il direttore di doppiaggio, che assicura la scadenza venga rispettata; il produttore, che è ovvio, deve esserci qualcuno che conosca il testo (solitamente l’editor di chi ha creato lo script) che viene registrato: là, per spiegare i personaggi, il contesto, chiarire i testi, riscrivere, dirigere e sostanzialmente approvare quel che ne viene fuori. Puoi anche avere uno studio interno che ti doppia il videogioco, ma anche pagare una società esterna che lo faccia non è poca cosa, con tutte le persone e la mole di lavoro coinvolti.
Prendiamo come esempio Persona 5, uscito di recente. Se si pensa a questi titoli giapponesi completamente di nicchia nel mercato nostrano, la cosa diventa ancor di più un tabù. Condito con ogni tipo di stereotipo, culture e modi di fare giapponesi, con pochi episodi rilasciati e poche vendite in Italia, Persona 5 è già buona cosa che sia ufficialmente arrivato completamente in inglese. I costi di localizzazione per un titolo simile, anche solo per i testi, – dal quantitativo di dialoghi sicuramente non comparabile ad Andromeda, ma insomma, anche qui i numeri sono notevoli – possono risultare astronomici, peggio ancora se si rischia di non vendere, giacché Deep Silver, il publisher per l’Europa del gioco, abbia deciso di portarcelo.
Giochi sportivi e sparatutto americani vanno per la maggiore nel mercato Italiano. Basti vedere i giochi più venduti secondo AESVI ogni mese: nelle prime posizioni sono immancabili FIFA o Call of Duty, seguiti da Minecraft e il gioco del periodo – eventuali esclusive per console Nintendo o Sony. La massa è ovviamente quella che offre più profitti, quella che si preoccupa di andare al GameStop sotto casa per comprare il nuovo gioco di calcio.
Non c’è da stupirsi quindi che giochi che non arrivano nemmeno in versione fisica qua da noi, vendano veramente poco, il giocatore medio facente parte della massa è già tanto se riesce ad avviarla la console, se poi riesce ad accedere anche agli store digitali c’è da premiarlo con la coppa. Un discorso simile lo si puo’ fare per i titoli completamente sconosciuti che malgrado questo vengono comunque pubblicati: senza della pubblicità non ci si fa conoscere.
Gli indie su Steam per forza di cose vengono sempre e solo tradotti in inglese o russo questo perché appartengono a due dei continenti più vasti della terra, quello italiano è minuscolo rispetto alla media già decisamente bassa europea. Non solo, siamo veramente poco attivi, almeno per quanto riguarda il PC Gaming. Basti vedere i numeri di download su Steam per farsi una stima.
Il verde più acceso è quello con più byte di download, mentre più è scuro e meno byte sono stati scaricati nella settimana. Come potete vedere, non siamo dei portabandiere, ma nemmeno l’ultima ruota del carro, però la situazione è tale che gli sviluppatori non perdono nemmeno tempo a pensare di tradurre un gioco in italiano per come siamo inifluenti nelle vendite.
Ma perché farsi tutti questi problemi per tradurre un gioco? Generalmente dipende se uno sviluppatore ha intenzione di localizzarlo già fin dai primi tempi di sviluppo, quindi un gioco che si adatti a molteplici territori, una modesta quantità di dialoghi, si potrebbe subito mettere in campo la programmazione che consente di prendere una frase e metterla in una parte di codice per risparmiare tempo e mettere un po’ di ordine, il doppiaggio e i testi, tutto se si è sicuri che venderà; se invece la localizzazione avviene dopo, una casa che prende in mano l’incarico si assicura di procurarsi la licenza, quindi di ottenere tutto il materiale da localizzare come testi e asset grafici dallo sviluppatore mentre i traduttori giocano il titolo in questione.
Il tempo richiesto per la traduzione dipende da titolo a titolo, quanto testo è coinvolto e quanti editori e traduttori lavorano al progetto e quanto sono facili i file da gestire. Generalmente l’implementazione dei testi tradotti e finalizzati va allo sviluppatore originale; questo processo include rifare i grafici che hanno magari bisogno di qualche cambiamento a causa dei testi che potrebbero essere più lunghi o più corti e aggiustamenti di cui si occupa il QA (Quality Assurance, ovvero chi si assicura che il gioco sia perfetto prima del rilascio) quindi sistemare i bug o fare in modo che non ci siano errori nel testo.
Superato il test di qualità, il gioco deve essere approvato dal produttore, un processo che richiede qualche settimana e si assicura che non ci siano problemi col gioco, in caso contrario si ripetono i vari passi menzionati poco sopra. Una volta superata anche l’approvazione del produttore si procede in via definitiva alla produzione del gioco di cui se ne occuperà una casa che stampa le copie di gioco per andare in contro alla domanda del distributore che spedisce ai vari negozi.
Tutto questo, insomma, richiede tanti, tanti soldi col numero di persone coinvolte, per quanto tempo vengono coinvolte e quanto lavoro c’è da fare, non abbiamo veri numeri in mano ma proviamo ad immaginare. Per rilasciare in un territorio è anche necessario rispettare il rating ed il PEGI, malgrado possa sembrare inutile e quasi assente, costa dei soldi anche quello.
Con tutto questo e con i soldi spesi quanta speranza ci può essere per un titolo come Persona 5 che possa essere tradotto in italiano anche se solo per i testi? Investire poi in marketing e pubblicità col rischio che non si riveli redditizio (perché da ricordare, una azienda non guarda soltanto al gioco ma anche ai suoi soldi), nessuno si metterebbe a fare una cosa simile. L’unica è sperare che titoli come questo vendano tanto in Italia da far cambiare idea agli sviluppatori del sol levante e ai publisher.