Avete presente la canzone “Chiedi chi erano i Beatles” degli Stadio? Per chi non la conoscesse , si tratta di un brano sul confronto generazionale. Se questo confronto volessimo idealmente trasferirlo al mondo dei videogiochi, quale sarebbe il titolo più adatto? Senza ombra di dubbio, “Chiedi cos’era Street Fighter 2”. Perché Street Fighter 2 è stato “il videogioco”. Ideato nel 1991 principalmente per le sale giochi, Street Fighter 2 ha negli anni spopolato ovunque, diventando il gioco più venduto della storia di Capcom. I titoli successivi della serie, di fronte a questi risultati non hanno potuto che limitarsi a introdurre innovazioni solo incrementali. Perché la ricetta essenziale e definitiva di come debba essere sviluppato un picchiaduro è scritta qui.
Le origini
Come abbiamo visto nel terzo episodio della Storia dei videogiochi, Street Fighter non è il primo picchiaduro della storia. Un titolo importante come International Karate conteneva già alcuni elementi innovativi. Tra questi, un gameplay piuttosto fluido e ambientazioni varie a seconda dei livelli. Street Fighter (I), però, già introduce diverse caratteristiche che faranno del secondo episodio una “killer application”.
Anzitutto, in fatto di gameplay, l’alternanza tra calci e pugni, con diversi gradi di potenza e velocità. Inoltre, abbiamo la possibilità di parare i colpi. Vanno poi citate le mosse speciali che per Ryu sono tre. L’Hadoken (la sfera di energia), il Tatsumaki Senpukyaku (il calcio a elicottero) e lo Shoryuken (il montante in elevazione). È proprio Ryu il protagonista assoluto del primo titolo, essendo l’unico personaggio selezionabile. Ken infatti può essere scelto esclusivamente nel caso di scontro tra due giocatori umani. La sequenza degli incontri, quindi delle tappe geografiche, è predeterminata. Si passa da Giappone a Stati Uniti, per poi tornare indietro verso la Cina e raggiungere l’Europa in Inghilterra. Gli scontri finali si terranno in Tailandia. Per ogni Paese si affrontano due avversari, nessuno dei quali si ritrova nel secondo episodio. L’unica eccezione è Sagat, maestro di Ryu e campione in carica del torneo. Il dualismo Ryu/Sagat sarà ricorrente nei successivi titoli, ma in Street Fighter la trama è ancora soltanto accennata.
Complessivamente, la fortunata saga non parte col botto. In particolare, le mosse speciali sono ancora troppo difficili da eseguire e i personaggi selezionabili sono troppo pochi. Gli sviluppatori di Street Fighter, Takashi Nishiyama e Hiroshi Matsumoto, abbandonano infatti Capcom.
Street Fighter 2
La software house giapponese crede ancora nel concept di Street Fighter e decide di riscriverlo da zero, sfruttando la potenza dell’architettura a 16 bit. Non si tratta, comunque, soltanto di una questione tecnica o grafica. Le menti creative all’opera, Akira Nishitani, Akira Yasuda, Yoko Shimomura e Yoshiki Okamoto fanno un lavoro ben più profondo. A differenza del primo titolo, Street Fighter 2 possiede una trama ben definita, nonostante questa sia solo accennata durante il corso del gioco. Ryu e Ken sono qui più differenziati, sia nella personalità sia nell’aspetto. Sono inoltre affiancati da sei personaggi selezionabili, ciascuno dei quali proveniente da una diversa nazione e fortemente caratterizzato.
I personaggi
Al limite del confine tra uomo e bestia, Blanka è un essere mostruoso. Originariamente umano e di nome Jimmy, si è perso da bambino a seguito di un incidente aereo ed è cresciuto nella giungla. Questo ambiente gli ha trasmesso i colori e uno stile di sopravvivenza in cui sono fondamentali denti, unghie e una spietata voracità. Chun-Li, cinese, è il primo personaggio femminile selezionabile in un picchiaduro, agente segreto ed esperta in jujitsu. Guile è un ufficiale della marina statunitense particolarmente specializzato nei calci e dotato di uno stile principalmente difensivo. E. Honda, lottatore giapponese di sumo, è lento ma potente e agile nei salti. Dhalsim è un indiano lento come Honda ma dotato di un eclettico ventaglio di mosse speciali. Zangief, russo, è un esperto di lotta libera, lento ma letale nel corpo a corpo.
Torniamo quindi al protagonista, Ryu, un karateka giapponese dotato dello stesso bagaglio tecnico di Ken, statunitense. I due, come si accennava, sono dotati tuttavia di personalità opposte: il primo introverso e riflessivo, il secondo sbruffone e amante del divertimento.

Mancano i boss, ben quattro. Sono M. Bison, pugile statunitense; Balrog, combattente spagnolo mascherato; Sagat, ex maestro di Ryu; Vega, capo dell’associazione criminale che ha dato vita all’intero torneo. C’è evidentemente qualcosa che non torna con i nomi. Su questo faremo chiarezza tra poco.

Arriviamo quindi al punto: quali sono i punti di forza che hanno fatto di Street Fighter 2 l’emblema del picchiaduro e un concept ancora oggi proposto da Capcom?
1 – Gameplay e varietà dei personaggi
Street Fighter 2, come già detto, migliora nettamente la giocabilità rispetto al primo episodio. Questo elemento, ancor più che la stessa introduzione delle mosse speciali, è la chiave di volta, al tempo stesso, dell’appeal e della longevità del titolo. Street Fighter 2 è perfettamente godibile sia da chi lo prova per la prima volta, sia da chi ci ha fatto il callo (in senso letterale). Tra i due estremi, l’acquisizione di uno stile di combattimento realmente personale, supportata da una vasta scelta di stili di combattimento e mosse speciali. Per cui, ad esempio, due giocatori che scelgono Dhalsim (cosa che non si può ancora fare contemporaneamente), potranno giocare in modo completamente diverso.
2 – Trama
Una serie di combattimenti tra vari personaggi può non avere senso ben definito, come accade in molti picchiaduro. In Street Fighter 2 la trama è apparentemente assente. Tuttavia, terminare il gioco con un determinato personaggio porta a un finale diverso, per cui la trama è un puzzle che si va lentamente intessendo. Scopriremo che Street Fighter 2 è un torneo creato da un’organizzazione criminale. Nel gioco ci sono quindi buoni e cattivi, ma in questo titolo potremo scegliere “solo” chi, per diverse motivazioni, è interessato a sgominarla e a imporsi come vincitore.
3 – Filosofia
La caratterizzazione dei personaggi è un chiaro elemento dell’appeal globale del titolo. Partiamo da Ryu e Ken: stessa tecnica di combattimento, ma cultura e stile di vita opposti. Qui si confrontano meditazione e voglia di divertirsi, introversione e spavalderia, Giappone e USA. A fin di bene. Il confronto culturale e personale si vive con ciascuno degli altri personaggi. Guile e Chun Li sono animati dalla vendetta, Honda dalla voglia di imporre il sumo come disciplina mondiale, Zangief dallo spirito nazionalistico. Lasciamo per ultimi i due personaggi più originali, Dhalsim e Blanka. Il primo è un lottatore paradossale, in quanto combatte per difendere i valori del pacifismo, il secondo senza un’apparente ragione se non quella di ritrovare sé stesso.
Ogni personaggio, oltre a possedere un proprio bagaglio tecnico, rappresenta quindi un “brand” definito nel quale potersi riconoscere.
4 – Colonna sonora
Questo elemento gioca un ruolo fondamentale sin dalle prime note. La scazzottata iniziale è accompagnata da un ritmo adrenalinico che culminerà con la comparsa del titolo.

Senza negare l’amore nostalgico per gli effetti sonori di un tempo, il cui fascino resiste, questa intro rende forse ancor meglio con gli strumenti moderni. A testimonianza del valore del lavoro di Yoko Shinomura e Isao Abe, le colonne sonore dei diversi stage, che caratterizzano ulteriormente i relativi personaggi e in alcuni casi i tratti culturali, sono state riprese nei successivi titoli, pur con diversi stili e arrangiamenti. Ecco un esempio: il tema di Ryu riarrangiato per Street Fighter 4.
5 – Mistero
Probabilmente anche alcuni elementi misteriosi, dettati talvolta dalla casualità, hanno incrementato il fascino di Street Fighter 2. Il primo, che abbiamo già avuto modo di evidenziare, è la trama. Il secondo, il messaggio che compare a seguito della vittoria di un incontro da parte di Ryu. “You must defeat Sheng Long to stand a chance”. Voci, cavalcate dagli stessi produttori di Street Fighter, si sono susseguite negli anni per capire chi fosse questo fantomatico Sheng Long. Un guerriero che sarebbe comparso in futuro? Il vero maestro di Ryu? In realtà si tratta di un banale errore di traduzione. Il termine giapponese era Shoryuken, cioè il pugno del drago nascente.
Terzo elemento, i nomi dei dei boss finali. Originariamente, i nomi erano quelli riportati sopra. In seguito si è scelto di cambiare il nome del pugile M. Bison, troppo simile anche nelle fattezze del personaggio a Mike Tyson. Tuttavia, non si sa come mai il pugile abbia preso il nome del combattente spagnolo, e l’attuale Vega, a sua volta, quello del boss finale che ormai tutti conosciamo come Bison.
Dopo Street Fighter 2
Il successo dirompente del titolo induce Capcom a sviluppare adattamenti per qualunque piattaforma, con risultati perfino improbabili. Si pensi, ad esempio, alla versione per Commodore 64.

La casa giapponese, inoltre, sforna una serie di sequel, il primo dei quali permette di scegliere i boss finali. Si tratta di Street Fighter 2: Champion Edition, del 1992. (Per una panoramica sui titoli successivi, leggi questo articolo) Appaiono, comunque, quasi subito chiare due cose. Primo, ogni titolo successivo non potrà discostarsi da Street Fighter 2. Ad esempio, pur avendoci provato, è stato impossibile pensare a uno Street Fighter senza Ryu e Ken. Secondo, dopo Street Fighter 2 la parabola non potrà che essere discendente.