Come sequel diretto di un titolo che ha dettato la rinascita degli sparatutto in prima persona a stampo classico, Wolfenstein The New Colossus si è preso sulle spalle una gran bella responsabilità: quella di ribadire quanto il gameplay negli sparatutto in prima persona può ancora essere al centro totale dell’attenzione. In realtà questo genere ha già detto praticamente tutto quello che poteva dire in passato: e ciò che oggi possiamo toccare con mano non è che la declinazione dei “verbi” già sperimentati nelle vecchie generazioni. Che sia la distruttibilità a variare il gameplay, una forte dose di competitività “Close Quartiers” o un mondo aperto, il concetto degli sparatutto in prima persona non si è più evoluto nel suo Core Gameplay dai tempi del secondo Half Life, il quale variò le carte in gioco introducendo la fisica in tempo reale.
Dal 2014 Bethesda ha deciso che ritornare alle origini fosse la scelta migliore per intrattenere il pubblico e produrre software di qualità. Da questa decisione abbiamo potuto godere di Wolfestein: The New Order, l’incredibile DOOM e Quake Champions. A distanza di tre anni dal reboot definitivo del genere, Machine Games, la software house designata per lo sviluppo della serie che ha dato vita al genere FPS moderno, riprova a ricavalcare l’onda con un diretto sequel che in realtà non muove alcuna nuova promessa.
Ecco che cosa penso di Wolfenstein: The New Colossus
NON POSSO CAMBIARE QUELLO CHE È’ CAMBIATO
Il Reboot di Wolfestein del 2014 è stato determinante per la diffusione degli FPS arena moderni. Effettivamente era da tempo che non si vedeva un videogioco “violento e spensierato” fatto come dio comanda e considerando il fallimento dell’iniziativa del 2008 finanziata da Activision, l’idea di ritornare ai tempi d’oro degli sparatutto ingolosiva un po’ tutti quanti. A tal proposito The New Order fu la risposta giusta per tutti i nostalgici che in questa generazione tanto desideravano rivivere le stesse emozioni del tempo, anche perché Machine Games, supportata da una Bethesda in piena forma, riuscì a confezionare un titolo sì molto classico nelle meccaniche, ma anche dannatamente fresco nella forma. Un mix di un ottimo comparto tecnico, della giusta dose di critica politica e di una trama abbozzata e funzionale per portare il protagonista nei luoghi più strambi (addirittura sulla Luna!), fu assolutamente gradito dalla community dell’epoca (me compreso), e non farne un sequel sarebbe stato forse da folli. Tuttavia, come si poteva migliorare o differenziare qualcosa che dichiaratamente si ispirava a quelle che erano le glorie del passato (tra cui l’originale Wolfestein)? Semplicemente non cambiando nulla: Wolfestein The New Colossus è praticamente gemello al suo precedessore. Certo: ambientazioni e trama cambiano, ma il gameplay così come le sue meccaniche classiche sono rimaste invariate.
Ma la vera domanda è: vi era davvero il bisogno di cambiare qualcosa? La risposta è no: Wolfestein è questo e questo deve rimanere e non ha senso cercare di cambiarlo e mutarlo (vedasi: DMC – Devil May Cry).
COSA MI HAI COMBINATO?
Non starò molto a parlare del gameplay del titolo (ironicamente) e nemmeno della sua abbozzata trama. Pad alla mano The New Colossus restituisce un feeling del tutto simile al capitolo precedente, fatta eccezione per alcune variabili di gameplay introdotte da un espediente di trama tanto buffo quanto funzionale. B.J Blazkowicz si rivela essere più invecchiato e costretto a rimanere su una sedia a rotelle che a quanto pare non lo frena nell’uccidere nazisti con mazze e pistole. Tutto cambia quando il soldato americano per eccellenza, decisamente temuto dai generali nazisti, entra in contatto con un esoscheletro di origine nazi-esoterica che gli permette di riacquisire una mobilità ormai perduta potenziando oltremodo quelle che sono le naturali possibilità di un essere umano. Con tale esoscheletro è possibile correre più velocemente, ricaricare le armi in pochi decimi di secondo, compiere salti altissimi e assorbire più danni da caduta e da proiettile. Insomma: se prima B.J era già un nerboruto molto difficile da abbattere, ora è praticamente impossibile da fermare.
L’esoscheletro è praticamente l’unica grande variante di gameplay che questo New Colossus offre ai giocatori, quanto basta per rendere ancora più interessanti le cose. Il fatto è che nonostante tutto, questo Wolfestein si dimostra essere particolarmente ostico da battere e molto classico nelle sue meccaniche: muoversi spesso e velocemente nonché cercare di mirare con più grande precisione i punti più sensibili del corpo umano nel minor tempo possibile sono e rimangono i capisaldi di un gameplay granitico che probabilmente non tramonterà mai.
CIO’ CHE E’ NUOVO
Lasciando da parte la trama del titolo che comunque riserva alcune sorprese emotive, quello che è stato realmente rinnovato (ma che comunque non è davvero nuovo), in questo gioco è sicuramente il motore grafico. L’ID Tech 6 utilizzato per lo sviluppo di questo Wolfenstein si dimostra essere ancora una volta una delle migliori soluzioni tecnologiche presenti sul mercato. Certamente Machine Games non è ID Software, ed è giustificabile il fatto che questo giovane gruppo di sviluppatori svedesi non sia riuscito ad eguagliare le prestazioni ottenute in DOOM dai veterani dell’industria. Ma se da una parte The New Colossus risulta essere più pesante da gestire a livello hardware (o almeno è così su Pc), il risultato finale si rivela essere sorprendente e appagante. Considerando i tempi di caricamento pressappoco nulli (almeno su computer), modelli poligonali dal dettaglio sorprendente e luci ben gestite restituiscono un comparto grafico suggestivo e adatto alla produzione che rappresenta. Ciò che però mi è piaciuta è stata sicuramente la direzione artistica del gioco. Oltre al fatto che ogni ambientazione è tratteggiata da dettagli che rendono ogni centimetro renderizzato unico e interessante (segno che gli sviluppatori hanno ponderato per bene come creare i vari livelli), l’idea di rendere il tutto molto più gore e splatter è stata secondo me la scelta ideale. Nonostante i corpi dei nazisti esplodano in bombe di sangue in modo del tutto simile ai film di Tarantino, dipingere interi corridori del sangue tedesco è appagante tanto quanto accarezzare un gatto tremendamente peloso.
Staccare braccia a suon di carabina o sciogliere piccoli soldati con un potente laser non è mai stato tanto violento e divertente, con una dose di sangue così grande da poter esser definita autoreferenziale, autoironica e soprattutto provocante per tutte quelle associazioni che, a quanto pare, vorrebbero il videoludo sepolto sotto sette metri di terra secca. Una scelta di stile che esalta e che risulta essere coerente con lo spirito scanzonato del gioco. Alla fine questo Wolfestein The New Colossus gioca molto sull’ironia (a partire dalla trama e dalle assurde situazioni di gioco): l’aggiunta del sangue e delle sette difficoltà proposte rende il tutto più divertente e interessante. Da segnalare il fatto che la produzione di Machine Games offre livelli più ampi e più “Open” rispetto al capitolo precedente, mentre sono ancora presenti le tonnellate di collezionabili sempre gradite ai completionist e a chi vuole approfondire lo scenario di gioco. Infine, cosa molto importante, non c’è il multiplayer.
IN THE CONCLUSION
Non vi è molto da dire riguardo a The New Colossus. E’ del tutto simile al capitolo precedente, anche perché vi era davvero poco da migliorare. Considerando che in un Wolfestein l’offerta ludica si basa su un gameplay a stampo classico fatto di armi preselezionate e migliaia di nemici da abbattere in lunghi corridori, sarebbe stato stupido aspettarsi qualcosa di diverso. Ma alla fine non ve ne era assolutamente bisogno di cercare la “novità”. Tuttavia non siamo davanti a un “More of the Same”: se così lo dovessimo chiamare, dovremmo definire in questo modo qualsiasi altro sparatutto uscito sul mercato da vent’ anni a questa parte. The New Colossus in tal senso si figura come un miglioramento del reboot del 2014, proponendosi come più solido e maturo e in definitiva più violento e sicuramente con una sua forte identità. Divertentissimo e scanzonato, dimostra che Machine Games ci sa fare con lo sviluppo di videogiochi, soprattutto se si tratta di videogames da forte umorismo ironico.
Consigliato a chi piacerebbe rievocare lo spirito dei giochi anni ’90 con stile e raffinatezza.
In Breve
Wolfenstein The New Colossus è un degno successore del reboot della serie avvenuto nel 2014. Non mi piace definirlo un “More of the Same”: possiede una sua identità artistica, è divertente e classico al punto giusto. Consigliato ai giocatori più raffinati