Greg McLean, il regista di Wolf Creek, porta sullo schermo la storia dell’avventuriero israeliano Yossi Ghinsberg che negli anni 80 durante una spedizione nella foresta amazzonica in Bolvia si ritrovo solo a sopravvivere alla natura.
Una trama tratta dal romanzo Lost in the Jungle, scritto dallo stesso Yossi per raccontare cos’è successo durante quella sfortunata spedizione, una dove non esistono buoni o cattivi, ma solo l’istinto di sopravvivenza più puro e un pizzico di fortuna che possono fare la differenza quando sei solo e impreparato a ciò che ti aspetta.
Un inferno verde ben più credibile di quello mostrato da Eli Roth in Green Inferno, anche se ovviamente parliamo di 2 generi cinematografici diversi, ma proprio perchè consapevole che questo mondo selvaggio ha già fatto da sfondo ad altre pellicole Greg la prende più comoda, più distante.
Parte dalla storia del gruppo di amici, come se dovesse mostrarci un tipico party di un videogame che si riunisce per affrontare un dungeon e poi sfrutta questa parte per colpire lo spettatore, mostrare quanto possano le condizioni estreme ribaltare i rapporti, prima di finire nella vera e propria seconda parte del film, quella solitaria.
A tenere le fila delle diverse parti del film c’è il protagonista interpretato da Daniel Radcliffe senza corna, magie o flatulenze, ma con una prestazione fisica azzeccatissima, assieme a lui anche Alex Russell, Thomas Kretschmann e Joel Jackson, ma nessuno dei tre riesce a brillare.
Una delle caratteristiche che di solito finisce per farmi storcere il naso in questo genere di film è che spesso alcuni passaggi sembrano forzati pesantemente, Jungle no, riesce sempre a rimanere sulla retta via, un risultato non di poco conto che lo porta alla mia personale sufficienza.
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6.5/10
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6.5/10
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6/10
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