L’uomo dei Sogni è un film del 1989 interpretato da Kevin Costner e diretto da Phil Alden Robinson. Nel cast vediamo anche Ray Lotta e Burt Lancaster.
Nel 1990 è stato candidato ai premi Oscar come Miglior Film, Miglior Sceneggiatura non originale e Miglior Colonna Sonora.
Il film è tratto dal libro Shoeless Joe di William Patrick Kinsella e si basa sulla storia dello scandalo che nel 1919 costò la squalifica a otto giocatori dei White Sox, sei comprovati colpevoli (Eddie Cicotte, Oscar “Happy” Felsch, Arnold “Chick” Gandil, Fred McMullin, Charles “Swede” Risberg, Claude “Lefty” Williams), uno non implicato nella scommessa ma a conoscenza dei fatti (George “Buck” Weaver) e uno che si è dichiarato colpevole inizialmente, ma che ha poi ritrattato ed è stato sempre chiamato fuori dagli altri (“Shoeless” Joe Jackson).
Sinossi
Ray Kinsella vive con la moglie Annie e la piccola figlia Karin in una fattoria nell’Iowa. Ray ha perso il padre quando aveva la sua stessa età, 36 anni, con il quale aveva un rapporto molto conflittuale anche se avevano una cosa in comune: entrambi amano il baseball. Un giorno Ray, mentre è tra i campi di mais, sente chiaramente una voce misteriosa ripetergli la frase “se lo costruisci, lui tornerà“. La voce si fa sentire diverse volte e Ray decide di ipotecare la fattura per costruire un campo da gioco da Baseball con tanto di illuminazione artificiale. Una sera sul campo da gioco compare il giocatore Jow “Shoeless” Jackson, morto decenni prima, e Ray non sembra più così tanto pazzo come prima.
Una piccola curiosità: la pellicola rappresenta l’ultima interpretazione di Burt Lancaster.
Giudizio personale
Trovo L’Uomo dei Sogni il film più bello di Kevin Costner e personalmente è uno dei miei film preferiti. Quello che apprezzo di più, al di là dell’interpretazione che non ha sbavature da parte di nessun attore del cast, è la sceneggiatura e come questa si sviluppa senza mai perdere ritmo e in modo mai scontato. La colonna sonora è veramente eccezionale e anche le locations sono curate e strepitose.
Il baseball diventa nel film, una metafora di un America che ha perso la direzione e che in quegli anni si iniziava a percepire il bisogno di tornare alle origini per riscoprire i valori americani: il baseball giocato nel giardino di casa che unisce padri e figli. Per noi italiani è come ripensare a quando si poteva giocare a calcio per strada da bambini.
Quando Liotta fa capire a Costner che voler guadagnarci dalla costruzione del campo è un grosso errore, si capisce perfettamente la critica all’ideologia capitalistica degli Stati Uniti d’America (ricordiamo che siamo alla fine degli anni ’80, inizio anni ’90, il periodo in cui il capitalismo globalizzato ha iniziato a farsi spazio nell’ideologia Americana, spazzando via i piccoli imprenditori dal tessuto sociale).
Il film si conclude con una scena stupenda e allo stesso tempo inaspettata con la comparsa del padre di Ray rivelando il vero motivo della richiesta mistica di costruire il campo: quella di spezzare il gap generazionale tra padri e figli che tornano ad incontrarsi giocando nel cortile, consegnando a noi tutti il compito di provare a riallacciare i rapporti.
Il film è consigliato per una visione famigliare, ma anche per una visione in solitaria come viaggio introspettivo.