Manjii è un soldato che si ribella alla corruzione dei superiori e fa una strage, nella quale uccide anche il marito di sua sorella,rendendola pazza. Mentre fuggono dalle autorità dei cacciatori di taglie li trovano,ammazzano sua sorella e per reazione lui li uccide uno per uno, rimanendo anche lui in fin di vita, ma un’anziana lo salverà rendendolo immortale, 50 anni dopo per risolvere una vendetta familiare una bimba di nome Rin si rivolgerà a lui, rendendolo l’arma per la sua vendetta.
Parto con una premessa, sto scrivendo una recensione e come molti che scrivono recensioni io di regia so poco e nulla, nessuno studio specifico però una grande grandissima passione per la settima arte.
Dall’altra parte della barricata, a dirigere il film di cui sto per parlarvi, troviamo Takashi Miike alias uno dei motivi per cui amo il cinema, regista di opere interessantissime come 13 assassini o Ichi the Killer e che con Blade of the Immortal, da noi tradotto come L’immortale, raggiunge il 100 film in 30, inutile dire che forse le mie opinioni su di lui sono un po’ di parte, ma cercherò di esserei l più obbiettivo possibile.
Blade of the Immortal è un film action ambientato al tempo dello shogunato Togukawa, più o meno alle fine del 18esimo secolo e tratto da un omonimo e famosissimo manga scritto da Hiroaki Samura.
La trama in realtà si risolve facile in 15 minuti, ma il film dura 2 ore e 20 minuti dove tutto il resto è azione, un’infinita serie di duelli dove ogni personaggio è in grado d’essere buono e cattivo, crudele e compassionevole, vittima e carnefice allo stesso momento.
Noboyasu Kita si occupa di un comparto fotografico impeccabile, le scene sono belle da vedere, riempiono l’occhio dello spettatore, accompagnate dalle buone sonorità curate da Koji Endo, Miike si è affidato a mani esperte ed è stato ripagato.
Volendo nella trama di Blade of the Immortal si può vedere come venga parodiata la figura leggendaria dell’eroe errante, quasi sempre divinizzata nel Sol Levante, qui invece destrutturata, resa cinica e opportunista come se non più dei suoi avversari.
Le coreografie dei combattimenti sono ben curate, con uno stile fra il fantasy e il realistico, molto chiare anche in momenti in cui l’azione si fa veramente concitata e il numero di personaggi in gioco alto.Lo stesso discorso possiamo riportarlo riferendoci ai look dei personaggi, ovviamente non tutti molto realistici, ma ben curati e degni di nota.
Forse il film cade vittima della sua stessa durata, troppo lungo, ogni combattimento per quanto spettacolare sembra più lungo e se non riuscite a farvi prendere nel mondo di Manjii potreste finire per annoiarvi, magari qualche taglio avrebbe potuto migliorare la situazione.
Blade of the Immortal non è la migliore opera di Takashi Miike, il quale però si conferma il nome più costante quando si tratta di adattamenti di manga e anime, grande sperimentatore e ambasciatore del cinema che viene dall’oriente.
100 di questi film Takashi.