Legacy, il nuovo scossone che agiterà la compagine Marvel nei prossimi mesi, è ormai alle porte anche in Italia. Sono passati due anni dalla conclusione del maxi-evento Secret Wars, che ha travolto il mercato editoriale fumettistico con numerosi nuovi titoli e sconvolto le sorti di un’intera generazione di eroi. Alla quantità, come però spesso si dice, non fa quasi sempre seguito la qualità; e, su questo, Marvel conferma il trend. Delle decine di nuove testate caduteci a pioggia sulla testa, solo alcune si sono rivelate meritevoli di ergersi fiere sulle nostre librerie; ecco per voi, i titoli preferiti di Two-Face.
1) Visione, di Tom King e Gabriel Hernandez Walta
In questo marasma di cataclismi e ricambi generazionali, Visione ha saputo fare, in purtroppo soli 12 numeri, quello che una casa editrice dovrebbe fare in modo permanente: creare uno spazio naturale impermeabile per storie dal taglio autoriale. King ci ha regalato una riflessione di cui forse nessuno avrebbe sentito il particolare bisogno, ma che infine ci è rimasta nel cuore, come se avessimo da sempre voluto averla lì. Ha agito in modo anomalo sul nostro inconscio, retroattivamente: siamo corsi indietro, a poco prima che comprassimo il primo cartonato della Panini, a cancellare quella supponenza con cui credevamo d’indovinare l’esito scontato della nostra lettura, per rendere il nostro apprezzamento vergine, autentico, dall’origine scevro di ogni dubbiosità. D’altronde, parliamo di una storia sulle probabilità, sul destino – se vi piace chiamarlo così – e su un sintezoide che vuol vivere da essere umano con la propria famiglia di sintezoidi. Come abbiamo potuto anche solo nutrire delle perplessità?
2) Doctor Strange, di Jason Aaron e Chris Bachalo
Su questa run – e mi riferisco solo a questo specifico intermezzo narrativo, gestito dai due sopracitati autori – ho sentito di tutto: chi si lamentava del nuovo giovanile Dottore, chi addirittura si incaponiva contro i suoi anfibi e chi metteva in croce con immeritata spietatezza il povero, incolpevole Chris Bachalo. Diciamolo chiaro e senza mezzi termini: la gestione di 25 numeri del duo è bella, anzi, è proprio un manifesto accattivante della mia giovane generazione. Saremo – forse – per sempre nani sulle spalle dei giganti, ma perché dovremmo stare a fissare le caviglie dei suddetti omoni anche quando ci meritiamo eccome di salire timidamente vicino ai loro illustri faccioni e sentire che aria si respira sull’Olimpo dei grandi? Aaron e Bachalo non avranno firmato il fumetto più bello di sempre, ma diamine se sono riusciti a creare un prodotto di grande intrattenimento, in cui – senza troppe remore – Doc Strange viene decostruito e riassemblato con i frammenti di decine di personaggi che stavano disgregandosi; non sarà il classico Dottore, ma il risultato è fresco e, allo stesso tempo, bollente come un pentolone in cui crepitano meraviglie.
3) Vedova Nera, di Mark Waid e Chris Samnee
Non fatico a spiegarmi perché sia stato loro affidato di continuare nel solco della linea tracciata dal tanto contestato Nick Spencer su Capitan America; qualunque cosa tocchino finisce su un percorso sicuro, migliore. Così almeno è stato per la miniserie in 6 numeri dedicata a Vedova Nera. Neanche in questo caso probabilmente ci aspettavamo grandi cose, ed infatti a questa testata monografica non sono state tributate gigantografie altisonanti sulle riviste di settore. Si è piazzata come una bella storia, e di lì nessuno l’ha smossa. Eh sì, perché forse stavolta il duo non aveva intenzione di capovolgere proprio un bel niente, ma semplicemente di dare una bella, decisiva lezione di buon fumetto a tutti, addetti ai lavori in primis. Waid ha immaginato una trama adrenalinica e sfibrante per la Romanova e Samnee, con grande riservatezza, ci ha dato, in silenzio, conclamata dimostrazione di come un autore si debba prendere cura di un personaggio: ha avvicinato la Vedova sotto la sua ala e l’ha portata in fondo a questa provante vicenda, coccolandola e riservandole tutte le proprie attenzioni; tant’è che oggi è grazie a lui se posso dire di sentire questa eroina un po’ più vicino al mio cuore.
Menzioni onorevoli: Capitan America, di Nick Spencer e Jesús Saiz
Molto brevemente, senza nessun elogio o recriminazione di sorta, che valga la regola aurea della notte dei tempi: che se ne parli bene o male, l’importante è che se ne parli. “L’importante” non forse per noi, ma per il personaggio, che ne acquista in visibilità. Che voi l’abbiate apprezzato o no, non gettiamo benzina sul fuoco, tenetevelo per voi; basti dirci che è innegabilmente un po’ eccitante pensare di essersi gettati nella mischia di uno dei dibattiti sui fumetti più chiacchierati degli ultimi anni. Di certo, non ce ne dimenticheremo tanto presto.