L’editor-in-Chief della Marvel,C.B. Cebulski, ha risposto alle domande del canale televisivo CBS, che lo ha interrogato per saperne di più sull’uomo al comando del lato creativo della Marvel, chiedendogli come facciano a gestire un rooster di personaggi cosi espanso e in continua crescita.
Quello che intessiamo è un enorme arazzo, una grande soap opera. Il nostro mestiere è continuare ad aggiungere elementi alla trama e all’ordito in maniera fresca e originale. E, ogni tanto, inventare qualcosa di totalmente nuovo, dare vita a nuove idee, creare personaggi inediti, così come variare i team creativi che se ne occupano.
L’editor ha poi voluto parlare riguardo al caso che lo vede coinvolto da qualche mese. Una situazione che vede Cebulski d’aver nascosto la sua identità dietro lo pseudonimo giapponese di Akira Yoshida,
Ho sempre desiderato scrivere storie, e quando è successo vivevamo in un periodo molto diverso da quello attuale, in termini politici e culturali. Ho fatto alcune scelte sbagliate all’epoca che rimpiangerò a lungo e per cui, da allora, ho cercato di fare ammenda lasciandomi il passato alle spalle.
Alla Marvel siamo sostenitori al cento percento della diversità. Le nostre storie parlano del mondo che vediamo fuori dalla finestra e vogliamo che non solo i nostri personaggi ma anche i nostri autori e disegnatori rappresentino la società. Raggiungere questo risultato non è stato semplice, lasciatemelo dire.
Se torniamo agli anni Sessanta, la Marvel fu creata da un gruppo di uomini bianchi che lavoravano qui a New York, nei nostri uffici. Ma oggi, tutti i nostri autori sono freelancer, non lavorano qui ma ognuno a casa propria, in giro per mondo. La nostra fanbase è altrettanto diversificata e distribuita, e da prima che lo fossero i nostri personaggi.
Oltre a C.B. Cebulski l’emittente ha avuto modo di parlare anche con Sana Amanat, e con lei si è concentrata sul successo di Ms. Marvel
Il successo di Ms. Marvel dipende dal fatto che c’è qualcosa di grandioso nel suo personaggio e che non ha nulla a che vedere con il fatto che Kamala Khan sia musulmana o asiatica. C’è qualcosa nella sua rappresentazione, nel fatto di aver creato un personaggio come lei, che era del tutto inaspettato e che secondo me la gente aspettava da parecchio tempo.
Quel che facciamo alla Marvel spero diventi un brand in termini di stile di vita. E sono convinta che più passa il tempo e meno la nostra casa editrice sarà percepita come rivolta necessariamente ai ragazzi e ai giovani, perché la Storia racconta di una Marvel da sempre inclusiva. La gente dovrebbe vedere il nostro logo e pensare a una casa di produzione di intrattenimento particolarmente interessante. Ed è quel che sta succedendo.