E3 2016: Sony punta alla sostanza

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Nonostante le obiezioni da fare siano molte e tutte ugualmente valide, la conferenza Sony di questo E3 2016 è forse stata una di quelle che ho apprezzato di più, sia per i giochi presentati che, soprattutto, per il taglio dato all’intera presentazione. Nel cominciare difatti si potrebbe dire che tanti dei titoli mostrati non possiedono ancora una data di uscita, oppure questa è fin troppo lontana nel futuro, presagendo incertezze su come procederà lo sviluppo dei lavori, e lasciando inoltre un senso di vuoto per la lineup PS4 2016/17.
È poi imbarazzante come non si sia nemmeno lontanamente citata PS Vita, confermandone definitivamente la morte e facendo un bel dito medio a tutti gli acquirenti (ma che sicuramente lo avevano già capito e si erano già portati avanti elaborando il lutto).
Quella che è risultata una delle lamentele più comuni è però, a parer mio, esattamente il punto di forza dello show sonaro: è stato quasi esclusivamente incentrato sui giochi. Esatto, giochi, che fatta eccezione per delle brevi digressioni sono sempre stati i veri protagonisti della conferenza, lasciando da parte gli interminabili ed inutili balletti in stile Ubisoft ma pur sempre dando il via in grande stile con una orchestra dal vivo. Nessuna citazione poi a PS4 NEO sul palco, forse per paura della reazione da parte del pubblico, ma per quanto bieco l’ho trovato comunque preferibile in modo da non sprecare tempo prezioso.

Dopo aver acceso il mood in sala tra violini e tamburi, Sony stupisce tutti facendoci reincontrare Kratos, che per l’occasione si è fatto crescere un barbone da vero spartano ed è stato immerso in un’atmosfera totalmente diversa da quella canonica. Il reboot di God of War infatti (come da tendenza rigorosamente senza numeri aggiuntivi), oltre ad essere ambientato nell’universo della mitologia norrena, ha subito radicali revisioni nel gameplay: la telecamera è ora dinamica e posta dietro le spalle del protagonista, con tanto di ascia lanciabile, rassomigliandolo più ad un TPS in stile The Last of Us che il solito action hack ‘n’ slash di sempre. Il combat system dà l’idea di essere stato rallentato, pare sfruttare maggiormente la tridimensionalità, ma punta come da tradizione sulla violenta spettacolarità ed è intervallato da brevi cutscenes interattive. A dar man forte all’ammazza-dei c’era inoltre suo figlio, parte “attiva” nel combattimento e meccanica fondante non solo del gameplay, ma anche della trama, in cui scopriremo un Kratos maturo e più profondo alle prese con i propri problemi di rabbia (dovremo aspettarci i cosiddetti “momenti feels” esattamente come in TLOU?). Altro fattore di sorpresa è stata l’introduzione di meccaniche open world e degli elementi ruolistici, denotando una chiara intenzione di rivoluzione nella concezione della saga; GoW alla fine non ha mai avuto moltissime pretese, e non so se tutto questo porterà effettivi benefici, avrei piuttosto preferito una rifinitura al gameplay classico sempre troppo semplicistico, ma è comunque da lodare un simile coraggio per il cambiamento e la voglia di innovazione, per quanto innovazione si possa chiamare.

The Last of Us fa scuola anche nella nuova IP di Sony Bend Studios, Days Gone, in cui le ambientazioni montanare, l’importanza della sopravvivenza e le sparatorie al cardiopalma contro orde di zombie inferociti la fanno da padrone (le loro animazioni di corsa, calca e arrampicamento su se stessi fanno moltissimo eco al film World War Z). Il setting è onestamente piuttosto generico e ormai con tutti gli zombies-game usciti sa molto di già visto, ma il numero di nemici a schermo è positivamente impressionante e se sfruttato bene darebbe molte soddisfazioni, sebbene la PS4 ha dimostrato non pochi acciacchi nel framerate mentre tentava di gestirlo.

The Last Guardian ricompare per l’ennesimo anno sul palco dell’E3, ma questa volta si è portato con sè anche una data di uscita: 25 ottobre 2016. Se avete sentito dei pianti durante il trailer molto probabilmente non appartenevano al video:  provenivano dalla platea del pubblico.

L’ultima fatica di Guerrilla Games, Horizon: Zero Dawn, la stessa che l’anno scorso ha affascinato i fan degli action game, dei robottoni e quelli di Monster Hunter, ritorna a svelarsi ulteriormente in un gameplay approfondito. Ho trovato veramente incredibili le ambientazioni, vaste e stupendamente dettagliate, ma mi ha colpito ancora di più il perfetto mix tra azione, stealth e un pizzico di GDR rappresentato dal combat system, che sfrutta degli assets molto rodati negli ultimi anni arricchendoli di personalità propria, visti i numerosi “gadget preistorici” di cui la protagonista si può servire. Fantastico il controverso legame tra uomo, natura e creature cibernetiche, quest’ultime ricreate con modelli pieni di particolari messi in moto da animazioni gradevoli. Speriamo che il downgrade non sia dietro l’angolo, ma in genere su queste cose Guerrilla non delude.

Altro protagonista e volto noto dello show è stato David Cage con la sua Quantic Dream, che riprendendo la formula vincente di Beyond ed Heavy Rain ha dato un carattere definito all’ultimo progetto della SH, Detroit Become Human. Questo nuovo “film interattivo” vede le famose meccaniche di investigazione e l’importante enfasi dedicata ai dilemmi morali riproposte in salsa cyberpunk, dimostrando tuttavia una sensibilità particolare per i temi affrontati (le IA e il loro rapporto con gli umani in primis); sono sempre gli stessi, è vero, ma in questo caso pare che le “scelte” prese dal giocatore saranno per la prima volta delle scelte vere e proprie, con numerose, diverse e sfaccettate conseguenze in cui districarsi. Sulla carta è un distacco netto con il passato, vedremo se sarà sviluppato a dovere.

Il sipario dedicato alla Realtà Virtuale si apre con un sorprendentissimo Resident Evil 7, la cui demo giocabile con il visore di Sony richiama le atmosfere da survival horror abbandonate molti anni fa. Oltre a questo, la casa nipponica ha dimostrato di voler puntare al vr con numerosi titoli compatibili, sebbene molti di dubbia qualità (FFXV era assolutamente ignobile con quella dannata pistolina).

Oltre all‘HD collection dei primi tre giochi di Crash Bandicoot e le aspettative per un nuovo capitolo incredibilmente frantumate tramite Skylanders (vorrei stendere un velo pietoso su quello che è stato a parer mio uno degli eventi più tristi ed imbarazzanti nella storia dell’E3), Activision irrompe nella conferenza Sony con il proprio Call of Duty Infinite Warfare, sempre più a tema spaziale e sempre più votato al “sensazionalismo bellico”. Al contrario di ciò che presagiva il trailer ho notato varie novità introdotte nel gameplay del nuovo capitolo, ma non credo che basti assolutamente a risollevare le sorti di una saga ormai affogata nel proprio brodo.

Poche parole sul nuovo, adrenalinico gioco di Spiderman in esclusiva su PS4 sviluppato da Insomniac Games, di cui abbiamo visto solo un trailer con brevi spezzoni non definiti di gameplay. Questa software house sembra essersi fatta le ossa in materia di “giochi acrobatici” con Sunset Overdrive, perciò l’attesa promette di dare buoni risultati.

Il momento clou della serata è probabilmente avvenuto tuttavia con l’esordio di nientepopodimeno Hideo Kojima sul palco. Il silenzio dopo il fattaccio con Konami non ha fatto altro che aumentare le aspettative verso la sua nuova software house, Kojima Productions, e quello su cui il padre di Zone of the Enders e Metal Gear Solid pare aver lavorato fino ad ora è soltanto un trailer. Death Stranding si è mostrato per la prima volta al pubblico in modo criptico e straniante, con un Norman Reedus ignudo mentre stringe a sè un feto ancora legato tramite un cordone ombelicale sintetico. Pochi i dettagli trapelati, tantissime le speculazioni sui segreti contenuti in ogni scena, e il teaser oltre ad aver fatto bene il proprio lavoro (far discutere) a me ha trasmesso il senso di attesa ricercato. Non si può parlare del gioco in sè perchè, dal momento che è ancora in fase embrionale (eh eh, capita? “embrionale”) è avvolto nell’ombra più fitta. A me tuttavia, almeno per ora, è bastato sentire la frase che ha poi portato a far tremare le pareti della sala: “I’m back“.

 

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Jake Joke

Eclettico e poliedrico, ama fare esperienza di ogni sezione dello scibile umano, specie quando si tratta di videogiochi, dove non disdegna alcun genere. Librofilo, appassionato di Filosofia e abituato a fare pindariche elucubrazioni che spesso non portano da nessuna parte. Sogna di sposare Ken Levine.