Arriva dalla Germania la serie Biohackers, disponibile da qualche settimana sul catalogo di Netflix, un mercato che dopo il successo di Dark gli spettatori vogliono esplorare più a fondo, mostrando ancora una volta le potenzialità di queste nuove forme di diffusione di contenuti.
La trama vede protagonista Mia, una giovane studentessa brillante iscritta al primo anno dell’università di medicina di Friburgo. La sua missione è non solo quella di apprendere i segreti del Biohacking, ma anche quella di avvicinarsi alla professoressa Lorenz, con la quale sembra in qualche modo legata.
Ovviamente visto il luogo in cui si svolgeranno la maggior parte delle vicende si tratta di una storia che vede protagonisti ancora una volta adolescenti, con annessi i soliti temi che ormai sembrano essere la base di quasi tutti i prodotti Netflix di questo target.
La serie ha sicuramente il pregio di portare alla ribalta una branchia della scienza che spesso è parte integrante del mondo del cinema, ma non ne è mai assoluta protagonista, Biohackers invece la mette – anche a suon di forzature abbastanza forti – al centro della scena prendendosi anche il compito di allontanare la parola ’hacking’ dal solito mondo fatto di pura informatica e accostandolo a quello della medicina.
Il rovescio della medaglia è che le forzature già citate costringono in alcuni frangenti lo spettatore a chiudere un’occhio sulla credibilità della situazione pur di andare avanti con la visione dello show, affidandosi totalmente alla forza impressa nelle prime fasi dell’episodio pilota attraverso un incipit intrigante, ma che perde di appeal con il passare del tempo.
Fortunatamente si tratta di una prima stagione relativamente breve, 6 episodi da circa 30 minuti, che lascia le porte aperte a una seconda stagione (già confermata) che potrebbe almeno in parte correggere parte dei difetti di cui vi abbiamo parlato.
La serie non ci ha convinto del tutto, ma se siete alla ricerca di uno show leggero e di breve durata, Biohackers potrebbe fare il caso vostro.