Morte e miracoli di Irrational Games

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Il mondo dei videogiochi ha ancora molto da imparare da Irrational Games. E in particolare ne hanno ancora gli FPS moderni che, nonostante questo, già parecchio hanno appreso da questa storica software house. Lo scenario degli sparatutto attuali deve infatti gran parte del proprio DNA videoludico alla sua eredità: senza titoli del calibro di System Shock 2, SWAT 4 o BioShock, probabilmente potremmo sognarci i famigerati alberi delle abilità, le profondità nelle trame e i gameplay variegati che oggi diamo per scontati, e senza i quali non si sarebbero mai imposti come standard. Per non parlare dell’incredibile maestria nel trattare contenuti filosofici amalgamandoli all’ispirazione artistica superba. Da piccolo studio reduce di Looking Glass, infatti, Ken Levine e soci sono riusciti nell’ardua impresa di far piacere al pubblico mainstream una formula che, ne sono certo, normalmente equivarrebbe soltanto al consumatore più di nicchia. E poi, dopo milioni di dollari macinati e centinaia di dipendenti assunti, le paure dei fan si sono consolidate in un’inaspettata chiusura, un fulmine a ciel sereno avvenuto nel Febbraio 2014, le cui apparenti motivazioni sono racchiuse nel famigerato “A message from Ken Levine“.

In quello che è considerato il testamento videoludico di Irrational Games, Levine spiega le ragioni alla base del doloroso addio: come è possibile che una software house di tale pedigree, adulata da critica e pubblico dopo l’uscita di BioShock Infinite (e quindi in condizioni economiche assolutamente buone, viste le ottime vendite) decida di chiudere battenti di punto in bianco? Ken parla di motivazioni puramente artistiche e logistiche. L’idea sarebbe infatti quella di abbandonare il team e formarne uno nuovo, più piccolo (rimangono soltanto quindici componenti), per potersi dedicare a progetti più contenuti e a misura di giocatore, sfruttando la libertà artistica che un titolo AAA non avrebbe mai offerto.

“Per far fronte alle prossime sfide, ho bisogno di concentrarmi su di un team più piccolo, con una struttura meno ampia e una relazione più diretta con i giocatori. Per molti versi sarà un ritorno alle origini: un piccolo team che crea giochi per i core gamer.”

Per alcuni tuttavia tali frasi non sarebbero abbastanza, e vedrebbero ragioni più oscure dietro una scissione intestina non spiegabile. Una delle teorie più diffuse vedrebbe nella chiusura di Irrational un costo esagerato nella produzione di BioShock Infinite, pari a 200 milioni di dollari, facendo andare in rosso il conto dello studio. Tuttavia la cifra, stimata da un analista anonimo, risulta esagerata e ampiamente confutata da Levine stesso in un suo tweet (“Qualcuno ha per caso mandato gli assegni all’indirizzo sbagliato?”, ha ironicamente commentato). Senza contare che Infinite ha superato le più floride aspettative in fatto di guadagni. Altre teorie ancora prevedono che lo studio sia stato chiuso per diretta volontà di 2K, facendo fronte alla ridondanza di personale, considerando lo studio troppo affollato. Mentre altre ancora vedono in Levine il diretto responsabile del licenziamento per un puro e semplice desiderio di egoismo, ma Ken non possiede questa facoltà, e la sua responsabilità consiste unicamente nell’aver lasciato il team come direttore artistico. Insomma, di sicuro c’è veramente ben poco e perlopiù abbiamo le mani piene di speculazioni

Se vogliamo trovare materiale più concreto dobbiamo recarci su altri lidi, e piuttosto fare riferimento a chi all’interno di Irrational Games ci ha lavorato. Fortunatamente viene in nostro aiuto Polygon, che, in un lungo reportage dedicato agli ultimi anni di lavoro del team (dalla creazione di Infinite ai suoi ultimi DLC), riporta le testimonianze dei dipendenti (programmatori, artisti, game designer) su cosa significasse lavorare in quell’ambiente. Oltre all’interessante e controversa figura di Levine che ne emerge, intesa come persona ossessionata per i dettagli e sempre pronta a lavorare anche sulle piccole cose, ma pur pronto a confrontarsi con i propri collaboratori, possiamo trarne preziose informazioni riguardo i momenti finali dello studio, e dall’atmosfera sia collaborativa che competitiva che era possibile respirare all’interno. Ad ogni modo, tutti i dipendenti furono radunati davanti un Levine con le mani tremanti, pronto ad enunciare un discorso scritto su un pezzo di carta (cosa atipica, secondo alcuni), recanti le ragioni che abbiamo già saputo del ritiro. Poi il personale ebbe la possibilità di essere raccomandato e redistribuito verso altre possibili opzioni in diversi studi, per appianare il più possibile i danni.

Viene da chiedersi dunque, non potendo fornire ulteriori informazioni sul passato, quali sono i piani per il futuro. Sempre nella lettera di Levine si parla di creare “titoli dalla forte componente narrativa per i core gamer”: “Per poter avere un rapporto che sia il più diretto possibile con i nostri fan, ci concentreremo esclusivamente su contenuti in formato digitale.
Quando ho pensato a cosa volevo fare, è diventato subito chiaro che avremmo avuto bisogno di un lungo periodo di tempo per mettere a punto le idee. Inizialmente pensavo che l’unico modo per far partire questo progetto fosse il classico modello di startup, un rischio che ero preparato ad assumermi. Quando però ho parlato con Take-Two di questa idea, mi hanno convinto che non c’era posto migliore per cominciare questo nuovo capitolo della mia vita se non fra le loro mura. D’altro canto sono stati loro a credere in BioShock e a supportarne lo sviluppo.

Inoltre, fughe recenti di informazioni vedevano Ken Levine impegnato molto probabilmente in un progetto riguardante la proprietà intellettuale di Twilight Zone, con il director a capo della scrittura del pilot. Lo show sarà prodotto dalla CBS e insieme alla Interlude, si distinguerà poi per la propria “dinamicità”, potendo lo spettatore cambiare gli avvenimenti ogni volta che ne avrà l’occasione. Qui potete leggere ulteriori informazioni. Tuttavia, se parliamo di progetti videoludici veri e propri, le cose cambiano. Le informazioni reali riguardanti il progetto sopracitato sono invece poche: sappiamo che sarà altamente sperimentale, open world, fortemente basato sulla narrativa e soprattutto sulla rigiocabilità. Si discute di “lego narrativi”, e Levine ha avuto occasione di dissertare al riguardo durante la GDC del 2014, di cui lasciamo una testimonianza:

Nonostante il rammarico nel vedere scomparire in questo modo un pezzo di storia videoludica (e, lo ammetto, del mio cuore), sono comunque felice del coraggio dimostrato nel prendere una decisione simile. Abbandonare uno studio solido come quello di Irrational Games per potersi dedicare unicamente alle proprie necessità artistiche è soltanto da lodare, e dimostra che l’industria è ancora lungi dallo spegnersi in fatto di passione. Come ogni altro visionario del settore, poi, Levine ha mostrato come il vero futuro riseda nelle possibilità offerte dall’indie gaming, intraprendendo una strada scelta anche da guru come John Romero. Ho piena fiducia nel suo lavoro e tutti coloro che ha “portato con sè”, e nonostante questo avrò ancora per molto altro tempo grande rispetto verso Irrational Games e ciò che ci ha portato.

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Jake Joke

Eclettico e poliedrico, ama fare esperienza di ogni sezione dello scibile umano, specie quando si tratta di videogiochi, dove non disdegna alcun genere. Librofilo, appassionato di Filosofia e abituato a fare pindariche elucubrazioni che spesso non portano da nessuna parte. Sogna di sposare Ken Levine.